Marco Mattiucci
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L'oracolo alle 2024-10-12 12:43:59 dice:
Non costruire il tuo cancello nel deserto senza recinto!
FILOSOFIA - IL LIBRO DEL MIO VIAGGIO
1) E tutto ebbe inizio - [Torna ad Inizio Libro]
Sono ben conscio che le mie considerazioni sono frutto soprattutto delle mie esperienze marziali orientali e del mio background fortemente ingegneristico e matematico ma da qualche parte bisogna pur cominciare.
Le mie esperienze mi hanno portato a considerare che non esiste reale differenziazione tra corpo, mente e spirito.
Per me l'assunto "io sono uno" è determinante.
D'altra parte vi è da considerare un quarto elemento che è il tempo il quale mi porterebbe a dire: "io sono uno in ogni istante della mia vita".
Sfortunatamente quest'ultima affermazione mal si concilia con quanto da me realizzato attraverso i fatti concreti e quindi corpo, mente, spirito e tempo posso sintetizzarli in "io sono un solo flusso".
Sebbene il flusso sia uno ho notato che le persone mal capiscono anche solo il concetto di integralità in un solo istante figuriamoci quello di integralità dinamica nel tempo. Da questo, per continuare a scrivere ed essere compreso, sono costretto a scindere fittiziamente corpo, mente spirito e tempo.
Il corpo è ciò che di quella che chiamiamo realtà percepiamo. Beninteso, non mi fermo a discutere l'esistenza o meno della realtà perchè non mi interessa; la sua percezione, invece, è per me determinante.
La realtà, sempre in base alle mie esperienze, si percepisce attraverso la combinazione dei sensi. A mio avviso nessun senso agisce separatamente dagli altri, anche in casi di patologie gravi. La percezione è sempre unica perchè i sensi sono integrati tra loro atti a massimizzare l'efficacia.
La disponibilità di comodità moderne e tecnologiche ha ridotto la nostra capacità di impiego del corpo ed in particolare dei sensi. Ci è stato insegnato che olfatto, udito, ecc. operano per mezzo di specifici organi in specifiche direzioni, ecc.. A seguito delle mie esperienze di tecniche di sopravvivenza sono più che serio nell'affermare che la lingua sente gli odori, la pelle non avverte solo pressione e temperatura ma anche la carica elettrica atmosferica, ecc.
Quando i sensi si utilizzano in maniera integrata (come farebbe un animale) si ha una incredibile capacità di percezione e si vive una realtà amplificata. La mente è la percezione che abbiamo dell'origine di quelli che chiamiamo pensieri. I pensieri e le idee sono percezioni anch'esse ma di cose che non possiamo apparentemente percepire con i sensi.
I pensieri sono scuse, sono il nostro tentativo di spiegare qualcosa che percepiamo ma che va oltre i sensi con i quali percepiamo la realtà. La concettualizzazione della mente è frutto della paura di perdersi. Cos'è infatti più terribile di percepire pensieri dei quali non si ha chiara l'origine? L'assunto della nostra coscienza è che quei pensieri, tutti i pensieri siano nostri e provengano da un unico ente controllabile che è la mente. Eppure nelle mie esperienze sia marziali che ingegneristiche ho più volte avuto idee inspiegabili che hanno portato a soluzioni geniali dei problemi.
Il valutare che tali idee siano frutto esclusivo di un unico ente di mia appartenenza, sebbene razionalmente plausibile, mi sembra riduttivo ed addirittura presuntuoso. "Io non sono solo le mie idee e le mie idee possono venire anche da un ambito superiore al mio io", questo ambito è lo spirito. Lo spirito integra tutto e quando dico "tutto" non intendo solo il corpo e la mente di una persona ma corpo, mente, pensieri e percezioni di tutti in ogni tempo che sia venuto o da venire.
"lo spirito è uno" o, che è la stessa cosa, "per me lo spirito è Dio".
Ed in tutto questo il tempo? il tempo, come buffamente è definito in diversi testi, si può verificare solo perchè esistono variazioni: nella realtà, se ci appigliamo disperatamente ad essa per definirlo, o nei pensieri se crediamo si possa darne una qualche definizione superiore, ma in definitiva il tempo è solo il mezzo di cui abbiamo bisogno per difenderci dal mutamento, per poterlo classificare illudendoci così di dare un semplice ordine alla nostra vita.
2) La paura di cambiare - [Torna ad Inizio Libro]
Il cambiamento è la massima espressione del tempo o forse sarebbe meglio dire che il tempo esiste perchè esiste il cambiamento.
Il tempo è l'astrazione principale che l'essere umano è in grado di fare al fine di localizzare i cambiamenti ed in qualche modo giustificarli. Ma perchè tanta necessità di guardare ai cambiamenti con aria di pianificatore, soprattutto per coloro che sono ossessionati dal tempo che scorre? per non annichilirsi pensando che in fin dei conti nulla possiamo contro il mutamento.
Un qualche remoto sentimento infantile ci spinge a replicare con forza le situazioni in cui stavamo bene ed a evitare quelle in cui soffriamo. In linea di massima non ci è consentito agire in nessuno dei due modi e l'ossessione di cercare qualcosa, concretizzata nel fermare il continuo cambiamento del mondo, porta solo ad un'assurda lotta il cui esito finale è la morte.
Per molte persone è addirittura difficile accettare i propri di cambiamenti come se la natura dovesse aver rispetto di noi. Tutto cambia di noi continuamente: corpo, mente e spirito. Il corpo invecchia e muore fornendo concime alla terra da cui altri corpi nasceranno. La mente invecchia ed annichilisce, dimentica, rallenta al punto di ammorbarsi e chiudersi in se stessa, anch'essa fino alla morte. Lo spirito è uno e riassorbe se stesso per cui la morte non ha per lui un minimo senso ma il fluire al suo interno è pressante e continuo come un enorme vortice che non ha mai avuto inizio e mai avrà fine.
La paura di subire il cambiamento si può esprimere anche nella depressione che ti spinge a non agire. Il terrore di non essere un punto fisso nell'universo può rendere ciechi e soli in balia del tutto per alla fine convincerti dell'assurdo unico rimanente assoluto che l'unica cosa da fare è attendere immobile la morte. Povera idiozia perchè di fronte all'uragano del cambiamento ci si costruisce un aquilone di stoffa e si vola sospinti dalla tempesta attaccati ad esso pensando che almeno il peggio sia indistruttibile.
No, nè bene, nè male, nè giovane, nè vecchio, nè bello, nè brutto, nè bianco, nè nero, ... nulla di tutto questo rimane lo stesso ma tutto fluisce. Il grigio del cambiamento è temporaneo ed ispiratore mentre il puro colore dell'ideale umano è solo un indizio della fine.
3) Pani e dei pesci - [Torna ad Inizio Libro]
Quando Gesù disse ai suoi discepoli di distribuire i pochi pani e pesci disponibili alla folla affamata di migliaia di persone che lo seguiva probabilmente qualcuno ebbe dei forti dubbi. Eppure la folla si sfamò e gli avanzi raccolti furono notevoli.
1) A seguito del miracolo la folla voleva farlo RE: perchè? ma naturalmente perchè aveva trovato qualcuno che la faceva mangiare a sazietà senza sacrifici alcuni.
2) Gesù non concesse di buttare gli avanzi: perchè? ma perchè Lui, nella sua infinita saggezza, concepiva (concepisce?) lo spreco come DANNO fatto ai più deboli.
Ecco quindi alcuni principi importanti che l'essere umano tende a fare propri. Essi sono da analizzare e riportare a noi stessi, alla nostra realtà:
TUTTO CI E' DOVUTO e la natura, Dio, il cambiamento e qualsiasi altra cosa dovrebbero essere al nostro servizio mentre noi, per la felicità dovremmo raggiungere uno stato di assoluta INATTIVITA' in cui NIENTE CAMBIA (solo chi accetta di dover morire accetta di dover cambiare e viceversa...).
Quando scopriamo che non esistiamo solo noi, ossia che esiste il resto dell'universo, ci accorgiamo che sia il nostro fare che (forse soprattutto!) il nostro non fare influenza l'universo più di quanto possiamo anche solo comprendere.
Ricordiamo che:
Accettare di cambiare = accettare di dover morire
Accettare di essere piccoli = accettare di dover morire
Tutti i cambiamenti in natura sono riconducibili sempre a due mutamenti fondamentali: nascita e morte.
Essi sono 2 e non 3 o 5 o 7 o 1 o qualsiasi altro numero, ma proprio 2.
4) Il Bello - [Torna ad Inizio Libro]
La bellezza viene dall'inutile, non si può strumentalizzare il bello. Per sua natura, quindi, la bellezza è artistica perchè la vera arte è inutile e fantasiosa, non soggetta a regole che non si inventino e non si accettino solo temporaneamente come tali.
La bellezza vive solo un momento. Essa è una breve sensazione non assoluta. La bellezza vive quindi solo nei pensieri per cui non esiste bellezza senza mente.
La bellezza del corpo è solo convenzione, per cui cambia da società a società, da tempo a tempo. Essa non esiste.
La bellezza della mente viene dalla sua flessibilità e fantasia. La fantasia è vera energia che rende eternamente giovani e quindi permette di vedere il tempo nella sua più giusta prospettiva: il cambiamento. Una mente "bella" non muore cambiando ma illumina gli altri con il suo perenne ed armonico cambiamento.
La bellezza dello spirito è oltre la mia comprensione ma ancora adesso penso che sia bello avere in se una tendenza ad un bello che non si comprende e che è al di sopra di ogni altro bello. La bellezza dello spirito è infatti un altro nome di Dio.
5) Il Desiderio - [Torna ad Inizio Libro]
Desiderare è l'atto per cui si vorrebbe qualcosa che non si ha a prescindere dalla possibilità concreta e/o dalla legittimità di averlo.
Il primo relativo concetto da capire è che il desiderare è un atto perfettamente mentale. Che si scateni per ragioni di circostanze, di situazione, fisiche o mentali non è importante: il desiderio è sempre un fatto mentale.
Capire questo è il primo passo per controllare i propri desideri e quindi avere una vita migliore.
Ma perchè controllare i propri desideri? Bisogna sottolineare che il "controllare" non va inteso in senso necessariamente repressivo. Il "controllare", piuttosto, va inteso nel senso "poter scegliere". La domanda "perchè controllare?" si trasforma quindi nella domanda "chi sceglie?". Una persona compiuta, matura e non necessariamente illuminata, ha una sua etica, una sua condotta, una sua via spirituale e se non si vuole andare così a fondo, ha almeno una coscienza di se stessi che gli permette di operare scelte senza eccessive difficoltà. Se si è troppo in preda ai desideri tale possibilità di scelta è inficiata da una visione eccessivamente di parte (come può succedere, all'estremo, ad un drogato che in preda alla crisi di astinenza realizza un desiderio di natura così preminente da poter giustificare anche un omicidio). Se non si da' il minimo ascolto ai propri desideri si rischia di spegnersi lentamente determinandosi un modo di essere assolutamente rigido ed incapace di adattarsi a qualsiasi forma di cambiamento.
L'equilibrio è quindi la chiave. Il desiderio è una delle più grandi fonti di ispirazione della nostra vita ma anche una delle peggiori fonti di dolore per cui va impiegato e controllato.
6) L'Amore - [Torna ad Inizio Libro]
Non posso aggiungere altro a quello che segue:
"Se parlassi le lingue degli uomini
e anche quelle degli angeli,
ma non avessi l'Amore,
sarei come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna.
E se anche avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri,
se possedessi tutta la scienza
e una fede così forte da trasportare le montagne,
ma non avessi l'Amore, non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutti i miei averi ai poveri
e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l'Amore, non mi servirebbe a nulla.
L'Amore è paziente e generoso.
L'Amore non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio.
L'Amore è rispettoso,
non cerca il proprio interesse,
non cede alla collera, dimentica i torti.
L'Amore non gode dell'ingiustizia, la verità è il suo fine e la sua gioia.
L'Amore tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, mai perde la speranza.
L'Amore non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
La scienza è imperfetta, la profezia limitata,
ma verrà ciò che è perfetto ed esse scompariranno.
Tre sole cose dunque rimangono:
la fede, la speranza e l'Amore.
Ma più grande di tutte è l'Amore."
(Paolo di Tarso - Inno all'Amore)
7) La religione - [Torna ad Inizio Libro]
La religione deve avere lo scopo di alimentare lo spirito, creare un legame con l'entità superiore che si suppone essere alla base dell'universo (a prescindere da quale si creda che essa sia), stimolare la riflessione sulla propria vita e quindi sul perchè facciamo ciò che facciamo e siamo quello che siamo, creare una base etica sulla quale poi operare ben sapendo che viviamo in una data società ed epoca.
GUAI se la religione si impone sulla ragione fino a schiacciarla.
Ragione e religione devono convivere e supportarsi a vicenda, perchè in nome della fede tutto è possibile ma dobbiamo fare in modo che il verso di questo tutto sia positivo e non negativo, fatto che solo la ragione deve valutare.
GUAI se la ragione si impone sulla religione fino a schiacciarla.
L'essere umano ha bisogno di orientare la sua fede verso l'alto. Ogni volta che si pensa di poter concretizzare quell'"alto" con qualcosa di razionale il risultato è portare la fede in terra e fare della religione un credo umano. I credo umani sono limitati e fasulli. Non credo nell'esistenza degli atei, il più delle volte gli atei sono disillusi disperati che hanno sostituito una fede con un'altra.
GUAI se la religione autorizza una qualsiasi forma di violenza.
La religione deve essere prima di tutto amore e l'amore non ammette nessuna forma di violenza. La violenza viene dall'essere umano, dalla natura e da questo mondo che non sa vivere senza conflitto, in ogni suo aspetto. La superiorità dell'uomo sugli eventi è nel sostituire l'amore alla violenza.
GUAI se la religione diviene strumento di potere.
Il potere sugli altri non può essere nelle mani di un santo proprio perchè tale. Quando la religione diviene mezzo di potere si trasforma in un'aberrazione della politica della quale non ha l'autorità formale e per la quale perde immediatamente il carattere di spiritualità.
GUAI se la religione diviene risposta cieca a tutte le domande dell'essere umano.
Bisogna capire che la nostra esistenza è fatta anche di domande senza risposta e cercare di formalizzare risposte a mezzo della religione significa impiegarla oltre il proprio scopo che, di converso è creare domande non rispondere.
GUAI alle istituzioni religiose umane.
Le istituzioni umane che pensano di incorporare una religione tentano un assurdo perchè è solo nell'essere umano, non nelle organizzazioni, per quanto grandi o rinomate, che può vivere la religione.
GUAI ad identificare l'Ente che ha creato l'universo con la religione.
La religione è una formalizzazione umana di fatti divini e come tale una strada e non l'obiettivo da raggiungere alla fine della strada. Cerchiamo di non essere tanto gretti da pensare che le parole che descrivono un fatto siano più importanti del fatto.
GUAI a chi pensa che la religione si esaurisca in un libro.
Per quanto bello, espressivo, rappresentativo, completo e magari anche ispirato dall'alto un libro rimane un libro.
GUAI a chi pensa che la religione si esaurisca in un uomo o una predica.
Per quanto illuminata una persona è sempre un essere umano.
GUAI a far vivere la religione in una setta.
In una setta, una volta entrati è difficile uscire. Una setta chiede alla persona più di quanto la religione stessa faccia. L'anima dell'essere umano è solo dell'Entità che ha creato l'universo e di nessun altro: organizzazione, setta o istituzione.
GUAI a pensare che la religione sia solo per qualcuno.
Chi siamo noi per capire quali sono gli scopi dell'Entità che ha creato l'universo? Chi siamo noi per metterci al suo posto e selezionare chi sarà in sua grazia? Per cui evitiamo di parlare di popoli eletti e di religioni elette e soprattutto evitiamo di darci ragione pensando di essere gli unici nel giusto.
GUAI se la religione diviene strumento di conquista.
Questo sia delle anime, spingendo l'acceleratore della conversione, che delle persone intese come seguaci, che delle istituzioni quando divengono filo-religiose. La religione deve solo proporsi e non imporsi e questo solo alle persone, mai alle istituzioni. La persona deve avere il tempo e modo di scegliere e colui che converte deve evitare di sentirsi il detentore della verità assoluta che, come ormai più che noto, non è in mano a nessun vivente.
GUAI a discriminare le persone in base alla religione.
Chi siamo noi per decidere che nella strada verso l'Entità che ha creato l'universo il nostro percorso è meglio di quello di altri? o che gli altri non abbiano capito correttamente il senso della ricerca? Bisogna avere rispetto per tutti.
ED INFINE:
GUAI A COLORO CHE, NASCONDENDO DIETRO LA RELIGIONE DEI FATTI DI POLITICA, POTERE O DENARO, ASSURGONO A FUNZIONE DI NUOVI PROFETI O LEADER.
Dato che mi professo cristiano cattolico qualcuno si domanderà come faccio a convivere con le menzionate idee. Non è difficile, infatti non sono nè schiavo nè succube della chiesa cattolica (non me lo chiede e se lo facesse avrei forti dubbi nel rimanerne dentro), che non manco di rimproverare per il suo passato spesso torbido e neanche di ammirare per la vasta schiera di persone eccezionali che ne hanno fatto parte. Io mi considero umilmente schiavo e servo solo di Dio come penso qualsiasi altro essere umano. A Lui apparteniamo ed a nessun altro!!! Gli ideali, le Istituzioni e le persone che accetto come leader sono mie guide e non miei padroni per cui rimarranno tali fino a quando in coscienza sentirò di proseguire per la loro strada.
8) Il Peccato più grande - [Torna ad Inizio Libro]
Il peccato più grande di un essere umano è sicuramente quello di Giuda.
No, non mi riferisco al tradimento, ma al fatto di perdere la speranza. Nel caso specifico Giuda perde la speranza di poter essere perdonato da Dio per averlo direttamente tradito e quindi si impicca. In parole semplici è come se avesse pensato che il perdono era cosa tanto grande da essere più grande di Dio.
Questo fatto deve far riflettere molto. Nella nostra vita quotidiana le difficoltà ed i problemi possono essere tali da farci cambiare strada è perdere la bussola ma mai devono spingerci a dubitare della possibilità di una risalita e di una possibile via d'uscita.
Questa è ovviamente una filosofia della forza, non della ragione. Una filosofia della fede e non del discernimento. Una filosofia che può cambiare il mondo in cui viviamo e noi stessi al punto di creare strade alternative a quelle che sembrano le uniche possibili!
9) Libro interessante... - [Torna ad Inizio Libro]
"La prova matematica dell'esistenza di Dio" di Kurt Godel a cura di G.Lolli e P.Odifreddi, 2006 Bollati Boringhieri Editore s.r.l.
in cui si approccia ad una dimostrazione matematico/logica dell'esistenza di un'entità superiore che si potrebbe identificare con Dio. Si tratta ovviamente solo di un esercizio di logica che nulla ha a che fare con la religione come lo stesso Godel (raro genio) ammetteva, tanto che si rifiutò di pubblicarla personalmente in ambito pubblico al fine di non essere incolpato di voler giustificare con la logica qualcosa che voleva con il cuore.
A mio avviso la lettura del libro è consigliabile solo a coloro che hanno un buon background di logica modale altrimenti si finisce per leggere del testo solo le chiacchiere filosofiche mentre le formule ed i passaggi sono un valido esercizio mentale.
Particolare è ovviamente la "definizione" di Dio che, leggermente tradotta per un pubblico non avvezzo al formalismo dei predicati del secondo ordine la si può enunciare come segue:
Se x è una entità, G(x) l'asserzione "x è Dio", φ una proprietà, φ(x) indica che l'entità x ha la proprietà φ ed infine P(φ) indica che la proprietà φ è positiva allora:
x è Dio G(x) se e solo se per qualsiasi proprietà φ il fatto che sia positiva P(φ) implica che x la possieda φ(x).
Molto banalmente Dio sarebbe quell'entità che possiede tutte le proprietà positive dell'universo...
Il mio interesse verso la dimostrazione del libro è duplice. Da un lato è un ottimo esercizio di logica e dato che non rivedevo la logica modale del secondo ordine da quando svolgevo gli studi di intelligenza artificiale a ingegneria mi è piaciuto riattivare tale parte del mio background. Dall'altro mi sono un attimo concentrato sulla limitatezza specificamente della definizione di Dio.
Molti logici e matematici si sono chiesti se Dio è razionale o meno. Dato che generalmente la razionalità è una proprietà positiva ci si sentiva a disagio nel dire che Dio fosse non razionale e quindi, data la scontata razionalità di Dio, si partiva con dimostrazioni terribili e sofisticate sia circa la sua esistenza che sulle ragioni delle sue decisioni. Tale aria fritta ha inflitto alle geniali menti di questi matematici e logici colpi terribili fino spesso a minarne le convinzioni personali (si pensi al "pericolo" di mostrare che l'esistenza di Dio è un assurdo dimostrabile...).
I miei umili studi di provenienza orientale mi permettono di aggirare l'ostacolo in maniera abbastanza agevole e penso che anche un qualsiasi uomo di cultura occidentale con un minimo di mente aperta non dovrebbe avere problemi in proposito. La frase risolutiva più banale potrebbe essere: "Dio non è alla nostra portata" mentre quella che proviene dalla filosofia orientale è "che problema c'è nel pensare un Dio irrazionale?". Concludo semplicemente dicendo che "la razionalità di Dio non è solo quella degli uomini" per cui posso aderire sul fatto che Dio sia un limite matematico (la definizione di sopra se vista matematicamente in maniera abbastanza flessibile è anche un limite matematico) ma la nostra simbologia matematica non può descriverlo e quindi tanto meno dimostrarlo o analizzarlo.
Cosa c'è di strano in questo? niente di particolare! La matematica (e quindi l'informatica...) è solo uno strumento inventato dagli uomini e come tale un importante ma limitato giocattolo delle nostre menti. Questo non era chiaro ai primi studiosi di intelligenza artificiale che tentavano addirittura di copiare integralmente le funzioni del cervello umano (tutte...) ma lo stesso Godel ha dato il primo grande scossone a questa convinzione con l'arcinoto suo teorema di incompletezza della matematica ed in particolare dei sistemi logici di ordine superiore al primo cui noi facciamo continuamente riferimento per dimostrare teoremi di ogni tipo... se quindi un calcolatore, come oggi è concepito, nemmeno teoricamente può dimostrare fatti che anche un bambino può approcciare, pensiamo alla sua difficoltà nel "clonare" cose tipo i sentimenti, la creatività, ecc.. Forse (io ho una grande fede in questo) in futuro avremo nuove forme di matematica, di logica e quindi di calcolatori che permetteranno passi avanti ma attualmente siamo come uomini della pietra che cercano di costruire un chip con milioni di transistor dentro usando delle clave di buona fattura :-)
10) Salvo D'Acquisto - [Torna ad Inizio Libro]
Nel traffico di Roma, tra le luci delle infinite code di auto che procedono senza fine verso la capitale mi capita spesso di estraniarmi e di riflettere sulla mia scelta di essere un Carabiniere, sulle motivazioni etiche e morali che mi hanno spinto e sulle responsabilità che ciò comporta. In casi come questi ed in molti altri la mia incondizionata ammirazione verso Salvo D'Acquisto non può che illuminare con forza e determinazione la mia mente. Per me un esempio di leadership perchè quando tutti, anche i suoi militari, hanno abbandonato posto ed uniforme Lui è rimasto. Per me esempio di dedizione, sacrificio e servizio sociale perchè quando la società barcollava tra una spinta politica ed un'altra senza più guide Lui è rimasto con l'intento di mantenere ordine e sicurezza fino a morire.
Questo senza essere servo di nessuna fazione ma solo di Dio e dei suoi doveri.
Nacque a Napoli il 15 ottobre 1920: primogenito di 5 figli. I genitori: Salvatore, palermitano, e Ines Marignetti. Una famiglia modesta, sana, unita, profondamente cristiana. Maturò la sua personalità alla Scuola dei Salesiani e, dal 1939, nell'Arma dei Carabinieri. Carattere mite, schietto, amante della disciplina e del lavoro. Sempre unito alla famiglia. Una preferenza: per gli ultimi, per i deboli, per gli indifesi. Si distinse per il senso del dovere, per la dedizione al prossimo, per l’amore alla Patria. In servizio alla stazione di Torrimpietra, Salvo non esitò un istante per salvare la vita dei 22 ostaggi ormai prossimi alla fucilazione.
Una testimonianza estrema di amore ai fratelli, ispirata e sostenuta dalla Fede e dalla Carità di Cristo: cosi il Servo di Dio chiuse la sua esistenza terrena il 23 settembre 1943. "Luminoso esempio di abnegazione e di sacrificio" - lo propose il Santo Padre il 9 aprile 1983 agli Allievi Carabinieri di Roma. Il popolo di Dio con le stellette lo ricorda e l'onora come Martire della carità.
11) Il Potere - [Torna ad Inizio Libro]
Il potere è l'astrazione fondamentale della soddisfazione di tutti i propri bisogni.
Il potere è generalmente difficile da ottenere e mantenere perchè richiede in entrambi i casi una notevole dose di energia. In altre parole, quale astrazione e quindi sogno, promette la soddisfazione completa di ogni bisogno mentre, quale realtà concreta toglie così tanto a chi lo detiene (o vuole detenerlo) da renderlo sostanzialmente povero, insoddisfatto e frustrato.
Il potere può essere visto positivamente solo se lo si considera come responsabilità. Infatti il potere deve esercitarsi su cose e persone e qualora tale esercizio sia indirizzato al bene comune diviene positivo, creativo e fruttifero ma quanto mai distruttivo per chi lo applica.
In definitiva, che sia nell'accezione positiva o negativa, che faccia bene o male a chi ne è soggetto, il potere fa sempre e sicuramente male a chi lo detiene, esercita e vuole detenere.
Ma allora, perchè mediamente tutti lo adorano? o meglio lo vorrebbero?
Perchè un sogno di gloria è meglio dell'accettazione di un'eternità da schiavo, per quanto non sia possibile a nessuno fuggire al proprio destino di essere schiavo di qualcosa o qualcuno. L'ultima e definitiva schiavitù è infatti ed ovviamente la morte che, per quanto ci sforziamo tutti di combattere, ci ricorda con assidua forza che non siamo niente di più di polvere.
12) L'effimero - [Torna ad Inizio Libro]
Un fiore primaverile spesso dura appena il tempo di poterne godere lo splendido colore e profumo, poi muore.
Per me il simbolo di quello che si potrebbe dichiarare effimero: bello, poco duraturo, apparentemente inutile. L'effimero è anche triste a ben pensarci. Perchè qualcosa di così bello deve essere destinato a morire così in fretta?
"...le cose belle sono prezione fino a quando sono rare."
La precedente frase non è mia e purtroppo non ricordo da dove la mia memoria l'ha estratta. Anche se non facilissimo da capire il bello e l'effimero sono legati alla fugacità perchè tutto ciò che permane a lungo spesso diviene consuetudine e quindi sostanzialmente brutto.
Il fiore primaverile, dai suoi colori sgargianti e profumi accattivanti è il simbolo del mutamento. Egli nasce e muori così in fretta affinché possano nascere altri frutti e piante. L'effimero quindi è triste ed inaffrontabile se si pensa in termini personali ed egoistici (noi stessi siamo effimeri) ma acquista grandi significati di quasi eterno spessore se si pensa in termini di universo.
Chissà perchè l'essere umano non ama essere una rotella nell'ingranaggio dell'universo...
Ciò che è naturale è spesso effimero perchè il mutamento è il costante stato della natura. Chi si sacrifica per gli altri diviene parte del meccanismo naturale del mutamento fino ad esserne inghiottito e generare intorno a se nuove energie.
13) L'inquisizione "santa" - [Torna ad Inizio Libro]
"...di cosa mi accusi?
di non fare differenze tra persone di colore diverso?
di rispettare parimenti cristiani e musulmani?
di considerare uguali ebrei e cattolici?
di non pensare come punizioni di Dio malattie o malformazioni ignote?
di sapere che i fenomeni naturali sono spesso incomprensibili agli occhi di tutti, anche della Chiesa?
di non pensare di essere il meglio di tutti, l'eletto, solo perchè cristiano?
di vedere onestà, giustizia e saggezza anche in persone che la pensano diversamente da noi?
...
...guarda le tue mani lorde di sangue innocente e prega per la tua anima!
Tu, schiavo parimenti del potere ecclesiastico e di quello temporale,
mi accusi di aver fatto patti con il demonio e la tua lunga tunica copre i tuoi zoccoli.
Io, stregone e mago, cristiano indegno, stremato dalle tue torture, mi chiedo se godi o meno
di tanto dolore o se semplicemente pensi di essere così nel giusto da non notarlo.
...
...ora brucio, ma non ti odio,
il rogo che hai preparato per me è niente rispetto a ciò che ti aspetta.
Non per carità cristiana non riesco ad odiarti, ma perchè ho pietà di te e di ciò che rappresenti.
La tua solitudine ed ottusità sono punizioni già sufficienti!
14) L'odio - [Torna ad Inizio Libro]
A prescindere da ciò che lo determina,
dalle sue ragioni, giuste o sbagliate che siano,
dalle profonde e robuste radici che può avere nella nostra anima,
da quello che determina come azioni, anch'esse giuste o sbagliate che siano,
l'odio è sempre una perdita di energia e tempo.
Nè amore, nè odio, solo la serena forza delle proprie convinzioni,
l'energia creativa delle proprie idee,
l'entusiamo folle che scorre dentro,
possono creare equilibrio.
15) La massa - [Torna ad Inizio Libro]
La massa è un bambino piccolo.
Si muove come un bambino, si lamenta come un bambino e la direttiva principale è la sopravvivenza.
La massa non è proattiva ma solo reattiva. Non ha mai proposte sostanziali o soluzioni per problemi ma solo problemi.
Da bambino, la massa tende a sentirsi sola ed abbandonata se non ha l'affetto di qualcuno e se non può trovare l'affetto e l'amore di una persona dedita ad essa, allora si accontenta dell'odio, della violenza e dell'imposizione. Tutto tranne l'indifferenza! Tutto tranne l'abbandono!
La massa mal sopporta oligarchie confuse incapaci di prendere decisioni. Non riesce bene a distinguere chi si occupa di lei se sono in tanti a farlo. Essa preferisce un leader unico e decisionale perchè questi può prendersi le responsabilità che la massa odia avere. Apparentemente in contraddizione, quando il leader impone, la massa acquisisce il diritto di lamentarsi e questo le da' sicurezza.
I bambini devono avere qualcuno da combattere perchè ciò da' loro sicurezza. Si tratta di un'idealizzazione del principio di sopravvivenza già indicato. Nello stesso modo la massa desidera avere qualcuno da cui difendersi e da incolpare il quale deve alimentarla. Il bambino affamato si lamenta e quello sazio tende alla sonnolenza. La massa opportunamente alimentata sonnecchia anche senza smettere di lamentarsi. Se deve essere impiegata in guerra bisogna affamarla.
I giocattoli sono importantissimi per i bambini perchè si identificano con il primo possesso. Gli ideali sono i giocattoli in mano alla massa. Chi concede alla massa un ideale gli concede un giocattolo e se la massa è ben alimentata dorme meglio se ha un giocattolo in mano.
I bambini piccoli non sanno leggere ed a malapena parlano, spesso in maniera sconnessa. La massa ugualmente non legge negli eventi quello che sta per accaderle e si accorge solo dei fatti quando gli sono addosso. La massa non si esprime se non attraverso atti sconnessi e talvolta vuole comunicare un concetto e ne esprime un altro.
Non esistono regole per trattare la massa anche se la massa siamo noi.
16) Le rose - [Torna ad Inizio Libro]
Le rose sono fiori effimeri.
La loro principale necessità è morire, ossia sbocciare e poi appassire.
Proprio per questo bisogna tagliare il fiore appena prima che raggiunga la sua massima apertura al fine di consentire alla pianta di prosperare e generare continuamente nuovi splendidi fiori.
Le spine sono necessarie, le migliori rose, le più profumate e vellutate hanno spine enormi ed affilate.
Le spine fanno male solo a coloro che non conoscono le rose.
17) L'equilibrio - [Torna ad Inizio Libro]
L'equilibrio può essere visto come assenza di necessità del cambiamento o come continuità nel cambiamento. Il primo caso è il più elementare ed è anche quello idealmente perseguibile da tutti. Il secondo richiede un punto di vista più ampio e quindi deve essere frutto di lunghe e dure riflessioni nonché di una discreta esperienza di vita.
Il primo passo nella ricerca del proprio miglioramento è capire che si è instabili.
La necessità repentina di cambiamento vincolata all'impossibilità di gestirla, comandarla o almeno prevederla rende conto di quanto lontani si è dall'equilibrio. Questo stato delle cose determina dolore o, nel peggiore dei casi, assenza di motivazione e di cose in cui credere.
Iniziata ad "odiare" la propria instabilità si cerca di comprendere come cambiare le cose che ci riguardano in maniera permanente. Si inizia a credere che esista uno stato definitivo nel quale è possibile arrivare e che ci consenta di permanervi fino alla nostra morte. Dal crederci all'agire il passo è breve ed inizia la ricerca dell'equilibrio definitivo.
Fisicamente l'equilibrio appena menzionato è quello che si ottiene quando un sistema non è soggetto a nessuna perturbazione. La ricerca di tale equilibrio coincide allora con la ricerca di uno stato nel quale nulla ci perturbi o meglio nulla perturbi le nostre convinzioni.
Con il tempo e l'esperienza si comprende che tale stato non esiste e che anche solo teoricamente è piuttosto arido di contenuti e crescita nonché sostanzialmente presuntuoso rispetto alla nostra piccolezza nel meccanismo naturale e sociale in cui siamo inseriti.
Nasce allora il dubbio che l'equilibrio possa solo essere instabile ossia ottenibile da perturbazioni che, giustamente assorbite, ci lasciano vibrare nell'intorno di un'area precisa. Quel cerchio in cui "vibriamo" è ciò che siamo, la nostra identità vera. Come il più grande errore di chi usa un arma da tiro è cercare l'immobilità perfetta del corpo per lanciare o sparare verso il bersaglio, il più grande sbaglio nel vivere è cercare noi stessi nell'equilibrio perfetto. Il tiratore sa che è impossibile l'immobilità assoluta del corpo per almeno due fattori: il respiro ed il battito cardiaco. L'essere umano sa che la staticità del proprio essere è limitata a brevi lassi temporali proprio perchè è soggetto, nel bene e nel male, al divenire. Il tiratore capisce presto che deve adattare il suo tiro al ritmo della propria vibrazione e questo si può fare solo rilassandosi. Chi tira con esperienza non ha arti in tensione! Nello stesso modo l'essere umano, con l'esperienza, capisce che è necessario puntare su un obiettivo ma saper oscillare con rilassatezza per colpirlo, aspettandone la giusta l'opportunità.
In definitiva, allora, equilibrio è solo saper essere pronti, privi di tensione e pazienti, in attesa della giusta opportunità, a prescindere da quale sia l'obiettivo.
18) La Tecnologia - [Torna ad Inizio Libro]
La tecnologia ha avuto il suo massimo impulso con le applicazioni informatiche. Negli ultimi 30/40 anni la crescita tecnologica ha toccato vertici impensabili ad una velocità che fa impallidire qualsiasi trasformazione socio-culturale passata dell'essere umano. In meno di anni cambiano le modalità di interrelazione sociale e di comunicazione. Questo over-stressa la nostra mente ed il nostro spirito che non hanno avuto il tempo di adattarsi ma ci concede facoltà difficilmente anche solo pensabili prima.
La tendenza di questa trasformazione è verticale di una verticalità sempre più alta. Basti pensare che nessuno, anche il più esperto degli esperti, si arrischia anche solo a predire cosa ci sarà tra 10 anni. Dovremo ricordare che veniamo dai secoli passati in cui una trasformazione radicale poteva avvenire al massimo in 60 o 100 anni. Oggi 10 anni possono rendere una persona analfabeta...
Internet è la massima manifestazione della trasformazione tecnologica.
Tutto procede verso Internet, qualsiasi sistema digitale sta evolvendo nella direzione della connettività ad Internet uniformandosi ai suoi protocolli ed alle sue leggi. Tali leggi sono sociali, tecniche e commerciali.
Internet è la tendenza dell'uomo a collegare tutto per ottenere la conoscenza.
Internet è il nuovo oracolo: quando non sappiamo qualcosa ci rivolgiamo a qualche stravagante motore di ricerca ed il nostro problema, da trovare la conoscenza, diviene selezionarla e/o accettarla.
Internet è il più grande degli archivi: mantiene tante verità e tante bugie ed anche tutte le discussioni che le contestano e quindi il loro contrario.
Internet tutto livella: nazioni, poteri, persone, idee e valori. E' il cimitero delle diversità!
Internet è fatta di idee che si comunicano e si vendono come fossero oggetti reali.
Ho paura di pensare cosa ci sarà dopo Internet ma tale oggetto, reale o virtuale, qualsiasi cosa sia, mi affascina e spero di poterlo apprezzare personalmente prima di morire.
19) La paura - [Torna ad Inizio Libro]
La paura è congenita alla necessità di sopravvivere.
Chi, quindi, non accetta le proprie paure, vive una vita difficile.
Chi addirittura pensa di non averne è solo un illuso.
La paura è strettamente correlata ai propri limiti personali e questo è uno dei motivi per cui non la si vuole identificare. Eppure identificarla corrisponde ad affrontare tali limiti e spesso a superarli. In definitiva chi non affronta le proprie paure stagna.
Al contrario vi è chi vive eccitato dallo sfidare le proprie paure, una ad una, fino spesso a conseguenze estreme. Questa, purtroppo è la più grande delle paure: quella di non essere in grado di affrontarne qualcuna. Si possono affrontare ed eliminare molte delle proprie paure vivendo con coraggio e forza ma, nel mentre si procede in quest'opera di apparente pulizia, altre paure, sempre più forti ed innestate nel profondo dell'animo, si palesano, togliendo la serenità.
Convivere ed accettare con serenità le proprie paure è ben diverso da tentare di eliminarle del tutto.
Si rende necessario un equilibrio.
Tale equilibrio rende umili e prudenti da un lato e reattivi alle situazioni dall'altro, in altre parole maturi.
20) L'intrallazzo e le raccomandazioni - [Torna ad Inizio Libro]
Una persona che stimo, per intelligenza e capacità, mi ha inviato la seguente frase in relazione a dei fatti non proprio positivi accaduti in ambito lavorativo. La ritengo di estrema utilità per tutti e quindi la riporto in questi appunti:
"Arriva sempre qualcuno che è più figo di noi, più paraculato di noi e che sembra che svetti più di noi... poi, chissà com'e', passano i mesi e scompaiono... e noi invece siamo sempre qua, perchè siamo tosti!!!"
21) La motivazione - [Torna ad Inizio Libro]
Non c'è un buon motivo per essere motivati nel fare qualcosa.
La motivazione personale è sempre e solo una questione di forza di carattere, quindi interna.
La motivazione che parte da fuori opera sulle nostre debolezze e sulla nostra immaturità.
Solo chi è motivato nel fare riesce a decidere e solo chi si crea la libertà di decidere può guidare gli altri.
La guida degli altri consiste nel risvegliare le loro motivazioni e non nel dargliele.
La motivazione del gruppo è quindi reale quando nasce dal risveglio delle motivazioni comuni di ognuno degli appartenenti. Il leader è guida ed esempio, ma non motivo. Se così malauguratamente dovesse essere, la motivazione sarebbe temporanea come la vita del leader stesso.
La motivazione personale può avere una sola direzione: quella verso l'alto. Negativa o positiva che sia la motivazione vera spinge l'essere umano verso un punto che lui ritiene alto e quindi difficile da raggiungere.
Essere motivati non vuole dire necessariamente essere felici, giusti o fare cose giuste, ma solo fare ed a mio avviso, fare o decidere qualcosa, positivo o negativo che sia è assolutamente meglio di non fare. Il tempo e lo spazio non ammettono stasi. Tutto muta. Ogni volta, quindi, che non decidiamo o facciamo, qualcosa "ci viene fatto o deciso" e semplicemente navighiamo a vista.
22) Un piccolo fico selvatico - [Torna ad Inizio Libro]
Ho osservato per un'intera estate una piccola pianta di fico selvatico crescere e farsi strada tra il cemento e le betonelle del pavimento sul piazzale di casa mia.
Il sole di agosto, l'assenza di acqua e la mancanza di terra fertile sembravano condannarla a morte certa eppure, a dispetto di tutto era nata e cresceva. Le sue verdi foglie si allargavano oltre le mie aspettative ed anche quando, in mia assenza, molte delle piante "buone" del mio giardino sono morte per la mancanza di acqua lei è rimasta verde.
Eppure non aveva erba attorno come le altre, non aveva terreno fertile che alimentava le sue radici, ma polvere, sabbia e pietre e sotto solo cemento. Ciò che mi stupiva era il fatto che sopravvivesse ben sapendo di non avere speranze per il futuro. La mancanza di terra valida sulle radici, infatti, l'avrebbe costretta, crescendo, a morire presto.
Che assurdità: la sua inarrestabile voglia di crescere era un'ineluttabile condanna a morte eppure insisteva ad essere ciò che era, con risultati migliori di quasi tutte le altre piante.
Passata l'estate è arrivato prima l'autunno e poi l'inverno. Il clima rigido ha fatto cadere le foglioline ma la pioggia ha continuato ad alimentare la piantina.
Oggi, 30 dicembre 2007, ho pazientemente rimosso le betonelle e leggermente aperto il cemento che tenevano la piantina intrappolata ed ho scoperto che cemento e betonelle non solo intrappolavano quel piccolo fico ma lo tenevano anche in piedi. Vi era una sorta di simbiosi tra quella piantina viva e quella prigione morta.
Ho potuto poi constatare che le sue radici erano floridissime: lunghe e forti, molto di più della chioma dell'alberello, probabilmente il doppio, e distese come a cercare disperatamente in ogni direzione, intrise in bianca ed arida sabbia che sembravano non voler lasciare anche quando ho preso in mano la piantina e l'ho allontanata dalla sua prigione.
Oggi, ho destinato al mio piccolo fico selvatico la migliore e più soffice terra nello stesso luogo in cui mi alleno. Meno di 5 cm di alberello hanno ora uno spazio privilegiato, regalmente circondato di pietre, con una forte ed elegante canna di bambù che ne segnala la presenza.
Potrà guardarmi quando mi alleno e cresceremo insieme.
23) Topi - [Torna ad Inizio Libro]
Migliaia di topi in fila si accalcano lungo cunicoli stretti e tortuosi fino alla loro tana.
Cercano cibo e continuano a riprodursi e questo ciclo senza fine li rende sempre più affamati.
Si tirano, spingono e talvolta azzuffano, solo nel desiderio di muoversi.
Sebbene comprendano che più sono in un luogo e meno c'è da mangiare continuano a raccogliersi in tane confinanti e strette, quasi a proteggersi dal freddo e dalla solitudine.
In quelle tane si riproducono, vivono malamente e talvolta muoiono o si uccidono.
Nulla di più di un topo è l'essere umano?
24) La verità - [Torna ad Inizio Libro]
L'approccio razionale alla verità è quello dialettico.
Comprendiamo meglio con un esempio: "se siamo in 10 persone ed in 4 pensiamo che un fatto A sia vero allora il suo grado di verità è inferiore a quello di un fatto B che crediamo vero in 7". Puerile?! Si, ovviamente, ma l'illusione della razionalità è questa e dato che ce la formattano fin da piccoli dandola per Dio, il risultato è che molti stanno male quando si accorgono che la verità si può sentire esclusivamente dentro se stessi e non discutendo con altri...
L'approccio scientifico alla verità è sperimentale.
Comprendiamo meglio con un esempio: "uno scienziato ritiene un fatto vero se è accaduto almeno una volta e se si può far riaccadere in determinate condizioni". Apparentemente inoppugnabile eppure, chi può avere la certezza che un fatto si ripeta sempre in determinate condizioni? La scienza moderna ha scoperto che nessuno può avere tale certezza da cui ha iniziato da anni a parlare di limitazione dei modelli e delle condizioni nonchè di probabilità nell'accadere.
L'approccio religioso alla verità è fideistico.
Comprendiamo meglio con l'esempio più grande di tutti: "Dio esiste!". Dopotutto, per chi crede, Dio è la verità ultima ed unica...
L'approccio agnostico alla verità è evitarla.
Comprendiamo meglio con l'esempio più comune: "niente è effettivamente vero ma dopotutto a me la verità non porta nulla per cui non me ne preoccupo".
25) La conoscenza - [Torna ad Inizio Libro]
Quando comincerai a pensare di saperne più degli altri è tempo di resettare il sistema.
Gli esseri umani, soprattutto quando sono in gruppo, lavorano bene insieme solo se sono nell'entusiastica fase di start-up.
La conoscenza è frutto dell'entusiasmo conoscitivo.
Mantieniti quindi sempre in una fase pioneristica!
Sei sempre ad un nuovo start-up!
e considera i punti di arrivo del tuo lavoro solo come l'arrivo della necessità di un "colpo di reset" che porti il tuo sistema a ripartire da zero.
26) Il dolore, la privazione e la leadership - [Torna ad Inizio Libro]
L’esperienza del dolore e della privazione cambia il proprio modo di essere. Non posso dimenticare le parole del mio Maestro in relazione alla capacità di divenire un buon leader: “…se nella vita non hai mai dovuto affrontare problemi, sfide, sacrifici, quali possibilità ci sono per te di essere un buon leader? Quasi nessuna!”.
27) Abbracciare una Via - [Torna ad Inizio Libro]
Tutti cercano sempre di evitare dolori e privazioni come fossero una malattia rara e definitiva ma è curioso pensare che, senza di essi non può esistere vera evoluzione. Non mi sogno, ovviamente, di pensarli positivi ma prendo in seria considerazione la loro inevitabilità per coloro che hanno deciso di abbracciare una Via nella loro vita, a prescindere da quale essa sia.
28) Eliminare le cause del dolore - [Torna ad Inizio Libro]
Mi piace poter pensare che esista sempre un modo per eliminare le cause del dolore delle persone. È qualcosa che viene dalla mia naturale positività ma, sfortunatamente, anche dalla mia comprensibile paura di essere inadeguato, o forse non sufficientemente forte, da poter affrontare qualsiasi tipo di dolore.
29) Addestrare le privazioni - [Torna ad Inizio Libro]
Le privazioni, al contrario del dolore, sono, per loro natura, sicuramente evitabili ma, l’evitarle sempre e comunque porta ad accumulare terribili energie negative. Le privazioni, infatti, devono e possono essere addestrate (miglior termine potrebbe essere “condizionate”).
30) La morte - [Torna ad Inizio Libro]
La principale e più certa delle privazioni è la morte corporale. Spesso sottolineo, nei miei discorsi agli allievi, che essa è l’unica certezza. Per parlare, quindi, di come condizionare le privazioni si può affrontare il problema alla radice: come accettare la propria morte quale fatto certo, inevitabile e soprattutto sensato.
Questo tema ha occupato pagine, libri, pensieri, discussioni e notti insonni di un’enormità di brillanti studiosi fino ad oggi ed io non sono certamente degno di rientrare in tale cerchia. In ogni caso, alla privazione della vita possono essere dati molteplici sensi e/o pesudo-sensi di natura religiosa, mistica, filosofica, ecc.. Ciò nonostante il problema è ancora aperto e lo rimarrà fino all’esistenza dell’ultimo essere umano.
Il fatto principale è che, piaccia o meno, saremo prima o poi, sicuramente privati della nostra vita. Lo si può accettare o meno, si può essere o meno indifferenti al fatto ma il fatto sussiste imperterrito fregandosene della nostra opinione.
31) Il non attaccamento - [Torna ad Inizio Libro]
È abbastanza semplice capire che le privazioni sono tra le principali cause del dolore umano, ma, nel caso della morte, la situazione si fa ridicola: essa spesso è una privazione che causa dolore anche prima del suo verificarsi.
In tutto questo è fondamentale addestrarsi al non attaccamento alle cose, alle persone, alle idee e persino ai sogni.
In tutto questo bisogna rimanga chiaro che non attaccamento alle cose, alle persone, alle idee ed ai sogni non significa non poter credere o amare cose, persone, idee e sogni.
32) Il vuoto - [Torna ad Inizio Libro]
Bisogna condizionarsi al vuoto come vera caratteristica del vivere umano. Ma che senso ha la vita di una persona “vuota”? mi spiego con alcuni esempi:
- Può una persona credere nei propri sogni dopo aver capito che sono comunque effimeri?
- Si può amare qualcuno ben sapendo che a prescindere dalla nostra volontà se ne verrà deprivati?
- Si può agire con fermezza di volontà per raggiungere un obiettivo ben sapendo che l’obiettivo è vuoto?
La risposta è unica e semplice: Si, ma solo a patto di essere persone molto forti caratterialmente.
33) La forza di carattere - [Torna ad Inizio Libro]
Le persone forti si riconoscono per la loro capacità di sognare in un modo povero di sogni, per la loro capacità di agire in un mondo vuoto in cui tanti altri si lasciano passivamente andare all’ozio, per la loro innata ed enorme voglia di vivere bene e pienamente ogni cosa contrapposta ad una incredibile capacità di morire sereni.
La forza viene allenata attraverso proprio le privazioni. Ecco, quindi, che un motivo di dolore per molti diviene ragione di miglioramento per pochi.
34) Il leader naturale - [Torna ad Inizio Libro]
Le persone forti sono leader naturali ossia divengono presto guide di loro simili spesso a prescindere dal fatto che amino o meno il potere.
Il leader naturale è una persona semplice che vive di poco. Egli semplifica la propria vita in ragione dell’adattarsi alle privazioni ed in conseguenza di ciò è meno soggetto al dolore. Si badi bene che ciò non implica che sia più o meno felice degli altri.
35) Serenità, felicità e tristezza - [Torna ad Inizio Libro]
Citando ancora una volta il mio Maestro: “…lo scopo non è essere felici, chi ha come scopo di vita la propria felicità è una persona naturalmente ed inevitabilmente triste!”. L’essere meno soggetti al dolore vuole dire solo essere più vicini al vuoto. Conosco persone che preferirebbero la tristezza o il dolore stesso al vuoto.
A questo proposito è bene capire che serenità e felicità sono molto diversi tra loro. La prima si può assimilare ad un deserto di sabbia o, parimenti, ad uno di ghiaccio. La seconda è una lussureggiante foresta in primavera. L’infelicità è un autunno senza verde e sole. La serenità, come i deserti, è una condizione che tende all’auto conservazione mentre felicità ed infelicità sono manifestazioni di un continuo mutamento ed il cambiamento, infatti, ha in se insita la privazione.
In definitiva non tutti possono essere forti o sereni (temo che una tale condizione porterebbe alla fine della razza umana!). Molti infatti affrontano la morte cercando di dimenticarla immergendosi in fatue, mutevoli ed auto riproducenti passioni che consentano di creare velocemente nuove speranze.
36) La Speranza - [Torna ad Inizio Libro]
Si noti che privazione e dolore sono anche speranza di felicità perché comunque e sempre temporanei mentre la serenità, auto conservativa, preserva dal doloro ma sopisce la speranza. In questo senso, tornando alla morte, essa priva del bene supremo della vita ma apre a nuove speranze per nuove vite e nuove nascite.
37) Eccellenza, frustrazione e leadership - [Torna ad Inizio Libro]
Il mio Maestro è convinto che un buon leader debba essere condannato a vivere una vita alla ricerca dell’eccellenza e quindi parzialmente soggetto a frustrazioni. Ho riflettuto a lungo su questo fatto e l’idea che mi sono determinato è proprio quella del deserto di cui prima. Che la serenità sia una forma di frustrazione non lo escludo! La ricerca dell’eccellenza, però, sono portato a legarla di più alla forza di carattere che alla leadership. È ovvio che un leader di buon livello, naturalmente chiamato a tale funzione è generalmente forte di carattere per cui può sembrare che la leadership naturale equivalga a forza di carattere ma l’identità tra i due fattori non è assoluta.
Sebbene una persona forte tenda inevitabilmente ad essere un leader naturale non è infatti sempre vero il contrario. Alcuni leader naturali sono tali in quanto frutto di inevitabili mutazioni successive. Talvolta è come se imparassero ad essere buoni leader mantenendo in sordina le debolezze personali. È come se avessero così tanta necessità di guidare gli altri da far passare in secondo piano tutto il resto, forza e miglioramento personali inclusi. Alla domanda: “si può comandare/guidare gli altri senza averne effettivamente la forza?” la mia risposta è “si, soprattutto quando la leadership si sviluppa in condizioni critiche!”.
38) La salvezza, la direzione e l'Amore - [Torna ad Inizio Libro]
Non posso non ricordare la ricerca della salvezza nel cristianesimo. Per un cristiano è quasi scontato ricercare la salvezza dell’anima proprio perché l’anima e la sua sempiterna durata rappresentano la principale e definitiva risposta alla morte ed alle sofferenze (dolori) nonché alle privazioni della vita terrena. Ma non tutti devono pensarla allo stesso modo e l’anima potrebbe anche essere un bene effimero per un non cristiano. In tal caso la ricerca della salvezza ultraterrena sarebbe una perdita di tempo.
Ma: “…Dove bisogna effettivamente andare vivendo?”. Voglio chiedermi: “esiste una direzione preferenziale valida in media per tutti?”.
Con la massima umiltà e ricordando a tutti che sono cristiano cattolico quindi credo nella ricerca della salvezza, mi permetto di asserire che cercare la salvezza della propria anima come antidoto ai mali terreni è secondo me quasi demoniaco. Risponde alla piccola logica umana del dare/avere e mi rifiuto di pensare che un Dio eccelso si conformi a ciò. A mio avviso (a dire la verità non solo mio ma di tanti grandi pensatori del cristianesimo) la salvezza dell’anima dovrebbe essere il “side-effect” del nostro sfrenato Amore verso Dio.
A ben pensarci non è strano dire che i migliori risultati della nostra vita sono generalmente effetti secondari di azioni apparentemente senza senso fatte in nome dell’Amore (si badi bene: non della passione). Un Amore con la “A” maiuscola, un sentimento che proviene dall’unione con l’intero universo dimenticandosi del proprio ego.
Spiego meglio: l’Amore consente di vedere come legati ed importanti tutto e tutti permettendo (cito O’Sensei, fondatore dell’Aikido) di “vedere in un attimo l’intero universo”. Nella limitatezza di quella che può essere la mia visione delle cose e la mia capacità di comprensione può esistere un’unica direzione valida per tutti e vincente, a prescindere da ideologie, filosofie e/o religioni di appartenenza: tale direzione è l’Amore!
39) Gesù, Amore e Serenità - [Torna ad Inizio Libro]
Ora si può fare un piccolo passo indietro a capire che:
Amore = Serenità
ma non necessariamente felicità, infelicità, dolore, piacere, ecc.. l’Amore, in quanto privo di ego, tutto unisce senza però determinare vincoli costrittivi. Per reggere una tale visuale dell’universo è necessaria un’enorme quantità di forza. È inoltre assolutamente necessario comprendere che in effetti la privazione non esiste. Se infatti si è profondamente legati al tutto non c’è modo di privarci di una singola parte e non ha senso il dolore che ne dovrebbe conseguire.
In questa idea non vi è molto di nuovo. Gesù ne ha trattato con parole ferme causando lo sconcerto di tanti della sua epoca. Quando infatti gli dissero (consentitemi qualche leggera approssimazione dovuta alla mia mancanza di memoria esatta del vangelo): “Signore vieni, sono arrivati tua Madre ed i tuoi parenti…” mentre parlava del Regno di Dio al suo uditorio, Egli rispose: “chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Se non coloro che seguono la parola di Dio?” Qualcuno vi ha scorto il disconoscere sua Madre ma proprio sua Madre non riporta lamentele nell’episodio biblico ed in silenzio comprende ed Ama come solo una persona illuminata può fare: senza ego!
L’Amore di Gesù è totalizzante e non conosce vincoli terreni perché può spaziare nell’intero universo e ne vede ogni parte in eguale importanza.
40) Privazione ed ego - [Torna ad Inizio Libro]
Possiamo allora fare un passo avanti: cos’è la privazione? Solo la manifestazione del nostro ego. Nulla ci appartiene o, che è la stessa cosa, siamo una delle parti del tutto senza il quale non esistiamo. Volendo essere più pratici riporto un esempio semplice ma efficace che mi ha molto colpito alcuni anni or sono. Quando i primi coloni americani entrarono nell’entroterra facevano a gara (spesso molto violente) per divenire proprietari delle terre presenti. I nativi ridevano spesso di questo fatto e tanto meno si sognavano di rispettare i confini neo-definiti. La ragione era semplice, essi pensavano ed esprimevano apertamente quanto segue: “chi può mai possedere la terra o le foreste o i fiumi o la natura in genere?! Semmai siamo noi che le apparteniamo e possiamo a malapena prendere ciò che occorre per sopravvivere!”. Ecco resa in maniera elementare ma estremamente valida l’idea di prima sulla privazione. Non è sorprendente che i nativi avessero così chiaro questo concetto. Essi, infatti, erano molto vicini alla natura e la concezione naturalistica di vita e morte è proprio questa.
41) Ego ed innovazione tecnologica - [Torna ad Inizio Libro]
La sopravvalutazione dell’ego umano è frutto dell’innovazione tecnologica così come l’individualismo.
In uno dei seminari in Italia il mio Maestro spese non poco tempo nello spiegare che, durante un combattimento, l’ego è uno dei peggiori nemici del guerriero, forse più grande ancora del nemico reale da affrontare. Non si può infatti perdere tempo ed energie nell’interrogarsi su fatti banali quali: “sarò capace di vincere?” oppure “oh mamma! Quanto è alto il mio avversario…” o anche “…questo lo faccio secco subito date le mie capacità!”. Quando si è tanto inetti si fornisce puntualmente una insperata possibilità all’avversario di agire mentre la nostra mente è occupata altrove. Questo è il sicuro inizio della sconfitta. Quando si combatte non vi è spazio per altro in noi, mente o corpo che si consideri. Per quanto semplice sia capire questa banale verità strategica sul combattimento ricordo che il discorso del Maestro provocò almeno un abbandono da parte di studenti che si sentirono violati nella loro individualità. Uno disse: “…il mio ego mi aiuta a vincere la paura delle aggressioni ed a reagire” e poi “…non vedo quindi perché dovrei rinunciarvi!”.
Si, l’ego aiuta a vincere ma solo quando si è più forti o quando, purtroppo, si è il cattivo della situazione. L’accento sull’individualismo è la fonte prima della commissione di violenze e reati. Sfortunatamente l’individualismo e l’esaltazione dell’ego è frutto negativo del culto della scienza e dello sviluppo tecnologico senza precedenti che caratterizza la nostra era.
Parlo di culto della scienza e non di scienza perché la cultura scientifica non è un male in se, anzi di mali ne ha risolti tanti, ma il culto della scienza e della tecnica, ossia la fiducia oltre ogni limite in tali mezzi (che sono comunque mezzi umani e quindi soggetti a parzialità) che ne fa una sorta di religione mistificata. Tale mistificazione spinge a pensare che la scienza e lo sviluppo tecnologico risolveranno tutti i problemi dell’essere umano. Qualcuno, con leggerezza, pensa anche che religione e spiritualità non siano più necessari dato che scienza e tecnica daranno tutte le risposte. Ma la scienza non è magia! E per molti la scienza di oggi è la magia di centinaia di anni fa. La scienza continuerà a fare passi avanti. La tecnologia disporrà di mezzi impensabili ma l’essere umano non è un semi-dio e le sue lacune interne rimarranno sempre tali. Alcuni esempi di pretese dell’essere umano che ormai vengono considerati diritti individuali:
42) La Natura - [Torna ad Inizio Libro]
La natura non è unidirezionale ne tanto meno asservita all’essere umano e la morte è naturale. Spesso nelle nostre case, tra le comodità che ci circondano ci sentiamo padroni dell’universo ma siamo, in realtà, solo tanti topolini chiusi nelle loro tane attanagliati dalla paura del gatto. Quando la malattia, le privazioni, il dolore ed ovviamente la morte ci ricordano che il nostro ego è niente allora imprechiamo contro Dio e la natura per averci estorto dei diritti che mai sono stati nostri ma solo presi temporaneamente in prestito. In questo senso dobbiamo imparare ed applicare il fondamentale principio del combattimento perenne:
- Nulla è dovuto ma tutto va conquistato con fatica e sacrifici: ciò che facilmente si guadagna porta spesso alla rovina.
- Attenzione perenne verso ciò che ci circonda altrimenti il nostro sopravvivere è solo frutto del caso.
- Allenamento al dolore ed alle privazioni: tutti i giorni un po’ di dolore ed un po’ di piacere affinché non arrivino mai in blocchi troppo pesanti da poter essere sostenuti.
Il principio del combattimento perenne, quando vissuto con costanza, porta all’umiltà e permette di capire il profondo significato dell’Amore elevandolo a principale direzione della propria vita.
Praticare e vivere i 3 principi del combattimento perenne permette di focalizzare le proprie intenzioni verso un obiettivo a prescindere da quale esso sia. Questa capacità di focalizzazione semplifica la persona togliendole molti dei fronzoli della vita ed avvicinandola all’essenziale che è anche l’ultimo e più importante significato del bello.
43) La bellezza del guerriero - [Torna ad Inizio Libro]
Il guerriero è per sua natura bello ed affascinante. Incute paura, rispetto ma anche una sorta di ammirazione che, spesso, ne fa oggetto di emulazione. Come visto, una delle caratteristiche essenziali di un guerriero, grazie al suo continuo addestramento, è il poter dirigere con la volontà se stesso in una sola direzione con tutta la sua forza.
A tale proposito mi è stato rimproverato il fatto che in tal modo una persona tende a perdere altre cose nella vita, potenzialmente anche importanti. L’autodisciplina dell’addestramento potrebbe essere una causa di cecità. Inevitabilmente riprendo la storia dell’eremita Zen che dalla clausura della propria cella diceva di vedere l’intero universo. Chi vede bene? Colui che cerca di guardare affannosamente tutto? Colui che guarda una sola cosa molto bene? O infine colui che si accontenta di vedere ciò che può? Non posso dare una risposta valida per tutti allora non ne darò. Dal mio punto di vista personale, però, non mi va di vivere affannosamente e nemmeno di accontentarmi per cui, da guerriero apprendista, voglio illudermi di poter scegliere e dedicare me stesso ad una cosa sulla quale, poi, far riflettere, come su uno specchio, l’intero universo, ivi includendo ciò che non conosco.
Privazioni, gioie, dolori, fatiche, serenità e tutto quello che provo fisicamente e mentalmente sono quindi inquadrati nell’alveo del mio addestramento marziale ed in esso acquistano un senso completo e strategico. La vita stessa diviene un combattimento che finirà con la morte.
44) Analogico ed Analitico - [Torna ad Inizio Libro]
I meccanismi analogici sono tanto cari alla cultura orientale quanto in genere e spesso molto disprezzati (fortunatamente solo in passato) dalla nostra cultura analitica occidentale.
Un esempio chiarificherà meglio il concetto: un giardino formato da piante, fiori, erba ed altro può essere semplicemente un luogo ma anche un modello che, per analogia ci insegna molto sulla nostra vita. Noi potremmo essere una pianta, il vento, gli avvenimenti della vita, le radici le nostre origini, i rami e le foglie ciò che di noi si manifesta agli altri, il fusto quello che invece siamo, il sole è l’Amore, l’ombra che proiettiamo al suolo è l’odio che generiamo e così via… Se quindi coltivando il giardino notiamo che le piante adulte vanno potate e solo se potate divengono floride capiamo che una persona adulta ha bisogno di affrontare difficoltà e dolori (potatura) per divenire serena (florida). Al contrario, le piante molto giovani e delicate hanno bisogno di un terreno soffice, acqua, sole e di tempo. Di qui si può capire che un giovane ha bisogno (ha fame) di idee (terreno ed acqua) ed Amore (sole) nonché del tempo per realizzare un discreto se stesso (un fusto duro).
Romantiche e poetiche, le analogie naturalistiche, da me particolarmente amate, sono estremamente utili ed efficaci costituendo una saggia via di riferimento per la propria vita. C’è poco di scientifico in questo ma per me la scienza è uno dei tanti strumenti che uso nel combattimento della mia vita e talvolta (a proposito di analogie), soprattutto di notte, un pugnale può essere meglio anche di una pistola.
45) UM-YANG ed Informatica - [Torna ad Inizio Libro]
C’è una meta-analogia naturalistica orientale, grande ed omnicomprensiva, denominata UM-YANG nella cultura tradizionale antica coreana (Yin-Yang in cinese). Essa trae origine dai sistemi divinatori sciamanici arcaici basati sullo studio delle configurazioni (disegni) che ossa secche di animali formavano sul terreno opportunamente lanciate da uno sciamano.
Al vuoto del terreno, che indica il vuoto originario dell’universo, si contrappone il disegno formato dalle ossicina atto a formare (creare) idee, profezie, ecc.. Dalle ossa e dal vuoto si è determinato un modello astratto dell’intera realtà straordinariamente sofisticato e flessibile.
Il vuoto è divenuto il fondamentale punto di partenza. Ma cos’è il vuoto in questa analogia? È il modello del concetto di assenza. Non è umanamente possibile ricreare il vuoto originario ma solo vuoti parziali. L’esperienza del vuoto originario non può essere scientifica ma, a mio avviso, solo mistica. Nel poco che comprendo penso, addirittura, che neanche la morte sia sufficiente a far sperimentare il vuoto originario. Nell’immensità vuota ed eterna (il tempo non ha significato nel vuoto originario) solo l’energia (Ki) può sussistere (dal mio punto di vista il Ki è Dio o la manifestazione di sue azioni) e dove esiste energia può esistere accumulo o riduzione di essa. L’accumulo di Ki è una entità di base denominata forza o YANG. La riduzione di Ki è l’entità complementare alla prima denominata debolezza o UM. La forza è l’intero, una linea senza interruzioni che astrae il disegno dell’osso intero: _________. La debolezza è ovviamente un osso spezzato: ___ ___.
Nel vuoto originario il Ki era equidistribuito. Non vi erano differenze per cui spazio e tempo erano indistinguibili. La tradizione coreana dice che il Ki ha iniziato a vorticare determinando differenze e quindi UM-YANG si è determinato. Da esso, a seguito del continuo movimento energetico si determinano forme di mutua e continua mutazione che non esclude la creazione di altre entità via via più complesse:
_________ ___ ___ _________ ___ ___
_________ _________ ___ ___ ___ ___
Perpetrando le ricombinazioni binarie le entità che si determinano risultano sempre più complesse, sempre più differenziate e sempre più numerose, fino a determinare l’universo non vuoto in cui viviamo e di cui siamo parte. Tutto si può riflettere in questo strano modello analogico binario e ciò è dimostrato, tra le altre cose, dal fatto che UM-YANG nella sua versione cinese (Yin-Yang) ha permesso di determinare la logica binaria alla base del funzionamento dei calcolatori elettronici e di qualsiasi sistema digitale che oggi tanto normalmente e facilmente impieghiamo tutti.
Non è un caso che il computer si stia, infatti, avviando a poter descrivere/controllare e/o gestire la maggioranza di ciò (idee ed oggetti) che è a disposizione degli esseri umani nel mondo conosciuto. L’idea alla base di UM-YANG è che tutto può essere visto come combinazione più o meno complessa di 2 principi opposti.
Vi è una interessante contraddizione in questo modello naturalistico. Le entità complesse, seppur determinate da un processo costruttivo binario in cui la divisione tra gli elementi costitutivi è evidente, se suddivise a fini analitici, ossia alla ricerca degli atomi costituenti (atomo è usato come termine che indica indivisibilità) portano ad una serie di elementi che, ricomposti, non restituiscono l’integrità originale. Non è questa una cosa strana se si pensa che il vero atomo è UM-YANG stesso, ossia dei principi metafisici che, analiticamente, non possono essere individuati ma, interiormente è possibile sperimentarli (anche le nostre sensazioni, idee, ecc. sono esprimibili come combinazioni di UM-YANG). Non è strano neanche, quindi, che, studiando la materia, la scienza trovi continuamente nuova sub-particelle sempre più piccole. Si deve poi aggiungere che la stessa scienza propone l’esistenza di tali particelle spesso a livello solo teorico – matematico, sfiorando definizioni mistiche. Nel 1800 propugnare la dualità onda – corpuscolo, ossia la teoria secondo la quale materia ed onde energetiche sono confondibili oppure la collegata ed esplicativa teoria di Einstein E = mc2 secondo cui materia ed energia si possono equivalere, era un abominio filosofico. La stessa equivalenza materia – energia oggi è una verità scientificamente assestata. Si pensi che era stata concettualizzata ben 2000 anni prima dai pensatori orientali sulla base solo di osservazioni analogiche macroscopiche.
46) Principio di circolarità - [Torna ad Inizio Libro]
Non è mia intenzione stabilire quale tra analogico ed analitico risulti il miglior metodo di studio delle cose ma è assolutamente necessario tenere presente che esistono entrambi per cui, senza presuntuosamente considerare uno meglio dell’altro, alla bisogna si deve impiegare il più adatto alla situazione ed alle proprie capacità e conoscenze. È importante soffermarsi su un principio base della teoria naturalistica che a livello analogico può trovare diverse possibilità di impiego: la circolarità.
Un movimento circolare è alla base dell’esistenza di UM-YANG e quindi dell’intero universo. Un movimento circolare parte e termina nello stesso punto. Il movimento circolare per eccellenza è un cerchio; in esso dalla partenza all’arrivo la dissipazione dell’energia è la minima possibile, a patto che non via siano ostacoli. La circolarità si oppone alla linearità. Quest’ultima presuppone almeno due punti da poter considerare inizio e fine. Si noti che il cerchio è una forma sublime anche perché non necessita di inizio e fine. Questo però limitatamente a cerchi piccoli perché i cerchi molto grandi tendono a creare linearità. In definitiva la differenza tra linearità e circolarità è solo una questione di dimensione e quindi non esiste! Per molte persone, invece, tale differenza non solo esiste ma vi basano il modo di vivere e soprattutto le relazioni interpersonali.
47) Comunicare e combattere - [Torna ad Inizio Libro]
Comunicare è molto simile a combattere o, equivalentemente, combattere è una forma di comunicazione. Dato che è semplice capire quanto siano diverse le tecniche di combattimento lineari e circolari, si può applicare, sempre analogicamente, tale idea alle relazioni interpersonali. Una tecnica di comunicazione lineare ha precisi punti di partenza ed arrivo nonché viene determinata in ragione di un target. Essa sceglie il minimo della distanza possibile e tende ad eliminare qualsiasi ostacolo sulla sua strada o, quanto meno, a considerare ostacolo qualsiasi elemento che venga a presentarsi lungo detta traiettoria. Al contrario, le tecniche circolari non si preoccupano eccessivamente del target dato che quest’ultimo non è determinante ai fini della comunicazione. Esse possono, quindi, facilmente arricchirsi degli elementi che vengono a trovarsi sulla traiettoria, i quali non destano la preoccupazione di distogliere la comunicazione da un ipotetico target. Per la cultura occidentale è in genere complicato capire il senso di una comunicazione circolare ed ho sperimentato più volte che a tale difficoltà tecnico – comunicativa corrisponde una precisa difficoltà di apprendimento delle tecniche di movimento corporee circolari.
Ma che senso può avere una discussione circolare?
Essa, di principio, sembra non avere un obiettivo chiaro, per cui, ad una persona superficiale, può mostrarsi come irrazionale o troppo astratta. Il concetto essenziale è che una discussione circolare mira ad un meta – risultato e non ad un risultato circoscritto e preciso. In questo senso tende a suggerire, spesso con esempi al limite, una o più idee fino a convergere verso un punto infinitamente lontano e non si preoccupa del tempo impiegato e/o della distanza dall’obiettivo perché comunque chi vi partecipa si arricchisce a 360°. Ovvio che studi analitici con una dialettica circolare sono difficili se non impossibili. Studi analogici, invece, scaturiscono naturalmente da discussioni circolari.
48) Guerriero ed Artista - [Torna ad Inizio Libro]
Ma perché un guerriero dovrebbe essere un artista?
Un vero guerriero è necessariamente un artista! Questa può sembrare una strana affermazione ma abbastanza plausibile se si pensa che un guerriero ideale conforma conforma e plasma tutta la sua vita al combattimento e quindi ad un unico ideale astratto che lo porterà quasi sicuramente fino alla morte. Tale abnegazione verso un modo di sentire la realtà non è concesso a persone prive di sensibilità e questo porta inevitabilmente a trasformare in arte o approccio artistico tutto quello che si fa o pensa.
Combattimento, morte e sensibilità sono grandi temi dell’arte che celebra un po’ l’impotenza, un po’ la presenza, dell’essere umano in quest’area sublime, degna del contatto con gli dei e con le religioni.
Sensibilità e capacità di sentire e sentire di più degli altri vuole dire necessariamente soffrire più degli altri. Ma solo chi sente di più può elevare il suo punto di vista sulla vita e crescere combattendo. Nello stesso modo, solo la sensibilità può condurre un guerriero a sopravvivere a lungo ed un leader a capeggiare bene per la prosperità di tutti. La sensibilità è una proprietà UM quindi apparentemente debole e passiva, senza la quale nessuna proprietà YANG può ben manifestarsi. La sensibilità travalica il tempo se ben addestrata e, come la vista e la preparazione atletica, se non addestrata opportunamente si atrofizza e consuma. Essa travalica il tempo nel senso che una persona molto addestrata a sentire può anche farlo a distanza o in anticipo rispetto ad altre persone o altri eventi.
La sensibilità è un’arma straordinaria per ogni età e situazione. Quale colpo, infatti, può essere effettivamente ed efficacemente parato se non lo si anticipa almeno un poco? Gli occhi dell’aggressore, la distribuzione del suo peso sulle gambe, le sue emozioni interne, sono tutti segnalatori che una persona sensibile ed attenta deve addestrarsi a percepire con calma ed a sfruttare a proprio vantaggio.
49) Le relazioni umane - [Torna ad Inizio Libro]
La sensibilità è una proprietà della persona che ha un senso soprattutto in relazione ad altro o altri. Ciò nonostante, il training fondamentale per la cura della sensibilità è la solitudine.
Bisogna infatti fare silenzio per poter bene ascoltare e la solitudine di cui si parla non è uno stato necessariamente fisico ma un preciso stato della mente: la certezza ed il sentire che tutto avviene fuori da noi e quindi, in definitiva, tutto potrebbe avvenire solo nella nostra mente. La cura di questa sensazione, di questo stato, la familiarità a questo tipo di idee e la capacità di averle senza la paura di perdersi, rendono la persona più attenta agli stimoli, più tranquilla e più lucida, in definitiva più capace di relazionarsi con gli altri.
50) La contraddizione della realtà - [Torna ad Inizio Libro]
Quale grande forma di apparente contraddizione è che per vivere a fondo la realtà bisogna saperla collocare in un luogo relativo della propria mente e non darle connotazioni assolute. In definitiva la realtà è una delle idee possibili ed esserle sensibili è possibile solo se non ci si immerge totalmente in essa. Come si può, infatti, vedere qualcosa di cui si fa fortemente parte?
La sensibilità è uno dei ponti che ci conduce a poter attraversare l’intero universo. Il suo controsenso è che proprio ciò che maggiormente ci può legare agli altri ha bisogno di gestirne la distanza.
51) Maestro ed Allievo - [Torna ad Inizio Libro]
Il rapporto Maestro – Allievo è una delle maggiori concretizzazioni del concetto di distanza. L’allievo riconosce un’altra persona come maestro se questi ha grande forza ed esprime sensibilità nei suoi confronti. Verrebbe quindi da considerare che la distanza tra maestro ed allievo sia breve. Al contrario, se il maestro (principale “gestore” della relazione) consente tale avvicinamento la sua funzione di mentore, guida ed aiuto per il discente ne viene annichilita. Assurdamente, quindi, solo stando distante il maestro può essere vicino all’allievo. Quando ha luogo il concreto avvicinamento il rapporto finisce o semplicemente l’allievo è pronto per divenire maestro a sua volta. Ricordo più di una frase del mio Maestro del tipo: “… Noi siamo tutti soli!” quando discutevamo nelle riunioni riservate al corpo istruttori. Non è mai stato bello sentire quella frase ma sicuramente onesto e certamente un richiamo alle proprie responsabilità personali. Un genitore, un insegnante, un guerriero, possono essere tanto sensibili da capire le vere necessità dei propri figli in anticipo, i problemi degli allievi anche prima del loro manifestarsi, le azioni dell’avversario mentre le concepisce, ma ciò solo a prezzo di affrontare da soli quello che sono ed in definitiva il loro combattimento interiore.
Chi può allenarsi o combattere al posto nostro? Nessuno!
Anche se qualcuno, qualcosa o Dio stesso decidessero di aiutarci l’azione più importante per la nostra crescita rimarrebbe quella di affiancarci e mai di sostituirci.
52) L'Amore e la morte - [Torna ad Inizio Libro]
L’amore del Maestro attira a se gli allievi, lo stesso amore li sospinge a debita distanza. Il mio Maestro dice: “l’amore e la morte sono le due fondamentali cose della nostra vita che non possiamo controllare” eppure è in nostro potere controllarne gli effetti sulla nostra vita. Per meglio comprendere è necessario un esempio che si può calare proprio nell’ambito Maestro – Allievo. Il maestro sviluppa necessariamente una grande forma d’Amore verso i suoi discenti di lunga data. Come un buon padre, egli Ama questi suoi figli adottivi e vorrebbe tenerli sempre accanto a se. Il maestro non può ed a mio avviso non deve evitare di Amare perché giusto, puro, spontaneo e naturale. Al contrario deve evitare che tale Amore si trasformi in un attaccamento che potrebbe portare, nel tempo, a danneggiare gli allievi stessi privandoli della necessaria indipendenza e distanza per crescere quali nuovi maestri. Ebbene, il sentimento puro dell’Amore non può essere controllato ma l’attaccamento, quale effetto del sentimento, si! Come già discusso, tale effetto è solo frutto dell’ego personale. L’Amore con la “A” maiuscola rende tutto vicino e concetti come privazione o lontananza perdono di significato in rapporto a qualcosa di così grande.
53) L'Arte di essere Maestro - [Torna ad Inizio Libro]
L’Arte di essere Maestro e di insegnare si concretizza nella grandiosa capacità di “prendere pesci grandi con una rete piccola e delicata”. I fili che formano la rete dell’Amore sono infatti piccoli e delicati. Tale rete non ingabbia, invita, non chiude, disegna una strada, non trattiene, ma apre gli occhi e permette di scegliere.
54) Il Sonno delle persone - [Torna ad Inizio Libro]
La maggioranza delle persone dorme! Attraversa la sua vita con gli occhi socchiusi, una stanchezza perenne, curvi sulla schiena, in attesa di trovare un luogo dove accovacciarsi e riposare. Il primo scopo del Maestro è scuotere dal torpore, invitare al risveglio per Amore. È straordinario come questo equivalga inevitabilmente a far soffrire l’allievo. Lontano dal sonno, il discente apre gli occhi e soffre innanzitutto per la sua condizione che, finalmente, gli appare per intera. Poi si guarda attorno ed inizia a soffrire per la condizione di coloro che gli sono vicini. Da queste indispensabili crisi si può uscire o meno. È sempre e solo questione di forza di carattere. Il Maestro può fare ben poco in tal senso, la decisione può essere solo dell’allievo. Se questi decide di emergere e cambiare può iniziare la ricerca del miglioramento altrimenti conviene che torni nel suo dormiveglia, al sicuro da un sicuro dolore.
La ricerca del miglioramento passa attraverso un piano di battaglia e poi tante battaglie quotidiane. Si tratta di un percorso e mai di un target. Il Maestro, come una guida in territorio ostile, lo segue con noi non lasciandoci mai soli e rialzandoci quando cadiamo. Ciò fino ad abbandonarci un giorno, senza preavviso, perché da discenti si è divenuti guide ed il territorio, pur rimanendo ostile è divenuto familiare ai nostri occhi finalmente aperti.
Il mio Maestro un giorno mi chiese con fare deciso e serio: “cosa pensi di potermi dare tu in cambio del mio insegnamento?”, dopo aver riflettuto un attimo risposi: “Nulla!”. Nulla ha un valore commisurabile a quello che un Maestro da’ al suo allievo. Si può pensare di sdebitarsi pagando o lavorando o aiutandolo ma, banalmente, niente di tutto questo è sufficiente. Alcuni, in grande errore, pensano addirittura che la fedeltà al Maestro sia il prezzo da pagare per i suoi insegnamenti. Niente di ciò che è in potere dell’allievo ha un valore tale da compensare il serio insegnamento di un Maestro. Questi, infatti, quando insegna dona se stesso ed egli in prima persona è strumento, esempio e riferimento per ciò che insegna. Non vi è differenza tra teoria e pratica: Egli è ciò che insegna.
55) Scegliere - [Torna ad Inizio Libro]
Chi sceglie cosa fare? Questa domanda tocca il fatidico argomento della libertà. La maggior parte delle persone crede di potersi autodeterminare. La convinzione è quella di vivere in un mondo libero da cui il credere nell’autodeterminazione è automatico, anzi, l’autodeterminazione è un diritto sussistente. Mi chiedo, invece, quante persone siano effettivamente in grado di scegliere, anche solo qualcosa di semplice nella loro vita come: quando mangiare, dormire, le proprie amicizie, ecc. per non parlare poi di fatti molto più importanti come il modo di vivere o quello in cui credere. Per esperienza posso dire che pochissime persone sono veramente libere in tal senso. La maggior parte si illude di essere libera e chiude gli occhi proclamando un loro stato dell’essere che non raggiungeranno mai.
56) La libertà - [Torna ad Inizio Libro]
La libertà richiede forza, una incommensurabile quantità di forza e l’assoluta mancanza di attaccamento a se stessi ed alle cose materiali, talvolta persino alle idee. Solo il “povero in spirito” è libero. Solo il puro strumento nelle mani di Dio può scegliere in libertà, proprio perché si lascia scegliere o, che è equivalente, la sua scelta è in aderenza a quella suprema di Dio. Inutile sottolineare che il concetto appena esposto è ostico per la gran parte delle persone per cui non stupitevi se ne avete sentito un leggero fastidio. Da sottolineare ancora che è ostico soprattutto per coloro che ricercano la perfezione.
57) Il perfezionista - [Torna ad Inizio Libro]
Questi individui, di cui non nascondo di aver fatto parte per lungo tempo, sono ossessionati dalla perfezione tecnica al punto che tale ossessione diviene uno dei principali ostacoli alla loro crescita. Fino ad un certo livello, infatti, la bramosia della perfezione è comunque un valido stimolo alla crescita. Successivamente diviene un problema in quanto la bramosia prende il sopravvento ed inizia a decidere al posto dell’allievo. Da quel momento non si è più in grado di ascoltare il Maestro ed inizia il declino. Il giorno in cui l’allievo inizia a dire: “secondo me dovrei…” evitando di ascoltare il Maestro, il suo ego, con la scusa della ricerca di una presunta perfezione, peraltro ignota, avrà preso il sopravvento ed il meccanismo di apprendimento si sarà danneggiato.
58) L'obbedienza - [Torna ad Inizio Libro]
Cos’è richiesto quindi all’allievo? Obbedienza cieca? No, sono richiesti il coraggio e la forza di una scelta, nonché una grande dose di fiducia nel Maestro. Una sorta di scelta l’allievo la può fare ed è quella del Maestro da seguire. Dopo essa deve chinare il capo, ubbidire ed apprendere senza disperdere le sue energie in inutili dubbi. Se non riesce a reggere i dubbi il Maestro non è quello adatto o semplicemente non è più il tempo di avere quel Maestro!
È bene notare che ho parlato sopra di “una sorta di scelta” e non di una scelta in senso pieno. Maestro ed Allievo si scelgono, infatti, come due persone che si amano: chi dei due può effettivamente dire di aver scelto l’altro? È l’Amore a scegliere, la volontà umana può fare ben poco. Questo si può ben rendere con la frase: “Il Maestro arriva quando l’allievo è pronto, l’Allievo inizia ad imparare quando riconosce il suo Maestro”. Altra frase da ricordare è: “preoccuparsi di essere perfetti è uno dei principali impedimenti verso la perfezione”.
59) La verità come percorso - [Torna ad Inizio Libro]
La perfezione, come la verità, va considerata un percorso e non un obiettivo o punto di arrivo. Più volte ho detto ai miei allievi: “…arrivati a termine di qualcosa, per quanto grande o importante essa sia, dimenticate e ripartite sempre da zero”, il mio Maestro dice: “…godete del viaggio e non dell’arrivare!”. La perfezione e la verità in quanto percorso e non destinazione sono reali ed alla portata di tutti. Considerate come target sono solo frutto e causa di frustrazioni nonché sono accessibili a pochi eletti. Per mia natura sono una persona pratica: amo vedermi in viaggio verso Dio, la perfezione e la verità ma so bene di non essere Dio, di non essere perfetto e di non portare la grande ed ultima verità.
60) Essere, Divenire e Cambiare - [Torna ad Inizio Libro]
In definitiva, non mi interessa essere quanto divenire e sono ben convinto che la nostra vita acquisisce completezza e senso solo come viaggio e non come mezzo per raggiungere un qualsiasi obiettivo. Il mio Maestro dice: “..non mi interessa vivere una vita lunga, piuttosto mi interessa vivere una vita piena!”. Si, aggiungo, piena di scoperte, come fa il bambino nei suoi primi anni di vita, come fa il pioniere in una terra vergine. Chiedetevi come mai i bambini sono mentalmente distanti dalle angosce della morte e dalla paura che ogni cosa finisca. Uno dei principali motivi è che sono troppo occupati a scoprire cose nuove. Colui che invece pensa di essere vecchio si convince di aver visto già quasi tutto e si fa una chiara idea del tempo che sta per finire. Questa è proprio la vecchiaia! E non sempre è correlata con l’anzianità del corpo.
La varietà è il pepe della vita e la vita è sempre molto speziata e ricca di dettagli e cose da scoprire. Non è la vita a cambiare, sono gli occhi a vedere diversamente per cui il massimo impegno va tenuto nel vedere sempre bene i dettagli di ciò che accade attorno. Sono i dettagli a fare la differenza ed a costituire la base per sempre nuove scoperte. La determinazione dei dettagli deve essere difficile.
61) Vivera una vita difficile - [Torna ad Inizio Libro]
Non esiste nessuna maledizione grande come quella di avere una vita facile con migliaia di dettagli in palese evidenza. Sia perché la nostra possibilità umana di vedere è limitata per cui quando c’è troppo da vedere approssimiamo cancellando i dettagli. Sia perché ci sono dettagli che possono essere visti solo se l’osservatore è maturato a sufficienza. Il mio Maestro dice: “…chi si da’ gratis è poco apprezzato e presto abbandonato!”, lo stesso vale per i dettagli palesi.
Oltre alla difficoltà di rilevazione deve sussistere, nel cercatore, un “fame di verità”. Nessuno cerca se non è in preda ad uno squilibrio interiore che si trasforma in un impulso istintivo simile alla fame. La fame non ha rispetto né della ragione e tantomeno dei sentimenti. È una direttiva di base, semplice e potente, scritta nella persona dalla sua creazione. La fame è seconda solo alla necessità/impulso di sopravvivenza di cui è stretta parente. Si può scegliere di avere fame? No, si può essere tanto forti da ignorarla ma la fame c’è o ci sarà. Nello stesso modo la fame di verità è un impulso che tocca, prima o poi, tutti. Lo si può ignorare, pagando forti conseguenza sulla propria stabilità emotiva. Lo si può soddisfare, mettendosi alla ricerca di dettagli e votando la propria vita ad una sorta di frustrazione. Il cercatore è quindi, ancora una volta, un frustrato, ma, come più volte sottolineato, non si parla di felicità quanto di forza.
62) Lo spazio bianco tra le parole - [Torna ad Inizio Libro]
Il mio Maestro dice: “…siamo guerrieri perché combattiamo fuori e dentro”. Se termina il combattimento finisce l’essenza stessa di ciò che siamo. Il Maestro poi aggiunge: “…un guerriero cammina con la morte al suo fianco”. Questa consapevole accettazione, istante per istante, che tutto ciò che siamo e/o abbiamo possa finire è la grandezza del guerriero e nel contempo quello che lo rende praticamente imbattibile. La frustrazione della verità ci spinge a combattere per essa nella consapevolezza che siamo niente in confronto ad essa e quindi già sconfitti. Ciò nonostante divenire e combattere sono il senso del vivere e morire l’ultima logica conseguenza. Morire, dice il mio Maestro, è “lo spazio bianco tra le parole quando scrivi”. Senza lo spazio tra le parole queste non acquisiscono senso. Nello stesso modo, se la morte non è presente nella nostra vita, questa perde di significato.
63) La spuma delle onde del mare - [Torna ad Inizio Libro]
Siamo davvero niente più della spuma delle onde del mare, un mare immenso e bello di cui è difficile trovare la riva. Ogni volta che il vento increspa la superficie di questo mare si formano onde ed ogni volta che la forza del vento è sufficiente si determina la spuma che viene a galla e pretende di cavalcare l’onda sul suo punto più alto, ossia dove l’energia è maggiore. In realtà, non appena l’onda passa, anche la spuma, velocemente, decade e di essa rimangono solo sfumature. Il mare dell’esistenza è sferzato dal vento del KI (energia) che genera l’onda dello spirito di cui la spuma (corpo e mente) è manifestazione evidente.
Lo spirito è solo un’onda nel mare dell’esistenza. Il corpo e la mente semplici manifestazioni fugaci destinate a decadere. Quando l’onda passa, cambia l’acqua che la forma per cui l’onda non è mai la stessa, nel suo contenuto, in due istanti diversi ma se la si guarda da fuori sembra una chiara e definita entità. Al contrario la spuma viene spesso dalla stessa acqua quando si è lontano dalla riva.
Ma cos’è la riva di questo mare? È la realtà! La rigida ed affidabile realtà cui tutti si lasciano andare quando la si ritiene positiva e che tutti cercano di sfuggire quando, al contrario, ci disturba. Ma la riva è davvero affidabile? La sabbia della riva e la sua conformazione cambiano continuamente! Le persone contano sul fatto che, comunque, la riva è sempre lì in linea di massima, ma contare su questa pia illusione per avere delle certezze è come costruire sulla sabbia un grande edificio vano! Quindi uno sforzo inutile.
64) Su cosa possiamo contare? - [Torna ad Inizio Libro]
Su cosa possiamo contare allora? Se escludiamo la realtà possiamo fari riferimento ai sogni, agli ideali, ecc. ma si rischia di divenire poco pratici. Si può fare una similitudine marziale con quei praticanti che studiano solo forme, ossia sequenze preordinate di movimenti marziali, senza combattere o confrontarsi mai. O anche con coloro che studiano tecniche di attacco o difesa senza mai cercare di applicarle contro “avversari che non sono d’accordo”. In linea generale sono punti di vista accettabili ma pretendere che portino a praticità e completezza di comprensione non è ammissibile. Ovviamente si può considerare anche il contrario, ossia coloro che si attaccano troppo alla realtà applicativa, degenerando l’arte marziale in mero conflitto impoverendola. In definitiva, sedersi sulla sabbia della riva sperando che sia un luogo sicuro è vano perché la riva muta continuamente; volare troppo in aria sulle ali del nostro spirito è fallace perché veniamo troppo allontanati dalla riva; ed allora?
Ripeto: noi siamo la spuma delle onde del mare, niente più! Pensare di essere solo terra è poco, pensare di essere il vento del Ki o il mare dell’esistenza è troppo. Dobbiamo essere umili e poveri, fluire bene sopra l’acqua senza confonderci con essa, riempirci di aria senza volare troppo: questo è equilibrio. L’equilibrio è l’essenza stessa della nostra naturalità. L’essere umano, quando allarga le sue braccia a comprendere l’universo, diviene una croce, simbolo di mezzo, punto d’incrocio tra ciò che è verticale (Dio, lo spirito, la realtà, la terra,…) e ciò che è orizzontale (gli esseri umani, la realtà, la terra,…). Quando invece non si apre alla comprensione è una linea retta verticale tra mondi inconciliabili perché troppo diversi.
Ritorniamo quindi alla domanda: su cosa possiamo veramente contare? Sulla volontà di comprendere, capire e su una inestimabile ed infinita pazienza. La volontà di comprendere è fagocitante! Più si comprende, maggiori scenari di necessaria comprensione si determinano ed una insana presunzione spinge sempre più a pensare che ciò che si è compreso deve essere logico o quantomeno coerente e consistente.
65) La visione parziale umana - [Torna ad Inizio Libro]
La natura non ha bisogno di essere né logica, né coerente o consistente. La nostra visione delle cose è sempre parziale perché la parzialità è ciò che ci rende umani. Di conseguenza, ciò che comprendiamo è sempre soggetto ad una qualche incompletezza o incoerenza. Questo non è un problema!
O meglio, lo è per coloro che si ritengono paragonabili a Dio, non lo è per una persona equilibrata che sa quanto la sua vita sia un percorso e non un punto di arrivo. Ecco quindi l’importanza della pazienza. La coerenza da’ forza e le persone forti spesso sono impazienti. Non bisogna mai allontanare la forza dell’umiltà. La ricerca della coerenza è indispensabile, l’umiltà di ammettere la propria incoerenza di fondo lo è parimenti. La pazienza consente di rimanere forti nonostante tutto. Pazienza con se stessi, mista ad una irruente cocciutaggine, pazienza con gli altri perché siamo tutti esseri umani e tutti quindi soggetti alle medesime limitazioni di veduta.
66) I frutti del proprio lavoro - [Torna ad Inizio Libro]
Coltivo diversi alberi da frutta nel mio giardino ed ogni anno aspetto impaziente i frutti per poterne mangiare. Usualmente cerco di mangiarne dopo un allenamento quasi a sacralizzarne il momento e ne mangio poco ogni volta perchè voglio che duri. Oltretutto non disperdo quasi nulla del frutto, dato che non utilizzo veleni di nessuna sorta, spesso mangio il frutto per intero e non solo la polpa.
Mi è capitato più volte di vedere rigogliosi alberi da frutta in splendide case di ricchi proprietari i cui frutti stazionavano sui rami fino a cadere marci. Più di una volta mi sono chiesto: "ma perchè non ne mangiano?" e poi ho capito: non vengono da un supermercato!
Molte di queste persone pensano che i loro frutti casalinghi non possano loro dare le stesse garanzie di quelle provenienti da una catena produttiva industriale "controllata".
Invito a riscoprire il sapore di un frutto del lavoro delle proprie mani. Invito a piantare una pianta, a curarla e ad aspettare che faccia frutto. Invito le persone a sporcarsi con il cibo e a non pensare che solo le catene di produzione tecnologica possano fornire qualcosa di buono. Ma noi, in definitiva, cosa ne sappiamo veramente dei prodotti che tali catene ci propongono?
Allo stesso modo per le idee.
La catena produttiva delle idee è la televisione, è Internet, è il cinema, sono i libri, ecc.. Niente di tutto questo è negativo in assoluto ma invito le persone a riscoprire il sapore del frutto della comunicazione diretta con le altre persone. Sguardi, toni di voce, odori, movimenti, sensazioni, ecc. sono la vera comunicazione e ciò che determina a livello creativo e stimolativo questo tipo di interazione non può determinarlo niente altro.
67) I semi - [Torna ad Inizio Libro]
p>Durante una delle mie escursioni montane, alla ricerca di nuovi sentieri e come sempre, di nuove salite da sfidare di corsa o camminando, ho avuto opportunità di vedere come i semi agiscono per sopravvivere in condizioni estreme.I semi in generale si raccolgono a gruppi e raramente, quindi, li si trova equidistribuiti come piacerebbe ad un fanatico della simmetria come sono io ad esempio. Il loro raccogliersi in gruppi sparsi ha però un senso notevole.
Cadendo su delle rocce, ambiente poco adatto allo sviluppo di una nuova pianta ed alla raccolta di acqua e sostanze nutritive, il fatto che siano in gruppo determina che la maggioranza dei semi marcisca. Per assurdo il materiale costituito dai semi marci è ricco di nutrimento e tende a mantenere acqua. Solo alcuni dei semi del gruppo non marciscono e grazie all'ambiente creato dai "fratelli" morti sono liberi di germinare.
Se un seme cade da solo sulla roccia muore.
Se un gruppo di semi cade sulla roccia molti semi muoiono ma alcuni sopravvivono sicuramente.
Se i semi cadessero equidistribuiti su di un territorio ostile morirebbero tutti.
68) Il tempo - [Torna ad Inizio Libro]
Il tempo, per l'essere umano è come melma in salita.
Non si può stare fermi o camminare perchè si scivolerebbe velocemente a valle. Si può solo correre.
L'esito del correre, poi, è davvero frustrante, perchè correre su melma in salita porta solo a rimanere nella stessa posizione. Inoltre è un'attività senza speranza perchè necessariamente, prima o poi, ci si stanca e si scivola a valle.
Niente di nuovo ovviamente, si tratta della ben nota temporaneità della condizione umana. Per molti questa condizione è terribile e preferiscono non pensarci ma, se ci si riflette, questa condizione rende anche la vita vivibile.
Il tempo, infatti, è sempre poco e questo rende la scorrere della vita prezioso e da' valore a tutto cio' che facciamo.
Il tempo, infatti, da' sempre speranza di cambiamento e quindi lenisce tutti i dolori.
69) Apprendimento - [Torna ad Inizio Libro]
La nostra società impone efficacia.
Anche lo studio e l'apprendimento sono stati orientati e ridotti in tale direzione eppure l'atto creativo non è orientato all'efficacia e quindi ne risente abbondantemente. La creatività ha bisogno di spazio e non di direzioni obbligate. L'intelligenza di ispirazione e non semplicemente di analisi strutturale.
Il problema di fondo è che uno studioso serio non è mai soddisfatto del livello di abilità e/o conoscenza raggiunti. C'è sempre qualcosa su cui lavorare per migliorarsi, soprattutto se la propria esperienza consente di vedere per bene i difetti di ciò che si è già raggiunto. Può essere che si tratti di una nuova teoria, del miglioramento di una teoria esistente e/o dell'incorporamento di nuovi significati e scopi o principi a quello che si è già consolidato.
In ogni caso la chiave è RINNOVARE!
Non è questione se il difetto ci sia o meno, è solo questione di vederlo perchè un difetto c'è sempre in qualsiasi teoria ed anche quando lo si elimina se ne apre un altro più sottile (è umano...).
Anche voi che leggete, se studiate teorie scientifiche o umane , ce ne saranno alcune che sentite meglio ed altre peggio, queste ultime potrebbero presentarvi dei difetti.
Talvolta questo fatto (dei difetti comunque esistenti in qualsiasi teoria) è di incoraggiamento per chi inizia lo studio di una scienza. Umanizza e relativizza ciò che impari e ti fa capire che tutti, sebbene a livelli diversi, devono combattere con i propri limiti per migliorare (ricordiamo che il difetto potrebbe parimenti essere nella teoria studiata o in chi la studia...).
Quando siamo realmente soddisfatti di qualcosa e non sentiamo più la necessità di rifinire le nostre conoscenze in quell'ambito (perchè magari le riteniamo in qualche misura definitive) allora qualcosa non va nel nostro studio.
In questo senso l'apprendimento deve essere "Lifelong learning", un viaggio che dura una vita e non un tragitto determinato ed unidirezionale.
70) Immagini e Parole - [Torna ad Inizio Libro]
Le immagini dicono più di mille parole. I disegni che seguono sono della mia bimba (età al momento del disegno 4 anni):
71) Un piccolo fico selvatico - seguito... - [Torna ad Inizio Libro]
Il fico selvatico di cui ho scritto nel dicembre 2007 è ora (settembre 2010) un albero florido di quasi 2 metri di altezza, io più che cresciuto con lui sembro un po' invecchiato, ma continuiamo a lottare insieme.
72) Pecore e Lupi - [Torna ad Inizio Libro]
Le pecore hanno continuamente fame ed adorano mangiare le piante piccole, con germogli "freschi", appena spuntati.
In primavera scorrazzano per monti e valli mitigando l'altezza di ogni prato e tagliando, con i loro denti, ogni disperato tentativo di piccole generose piante che vogliono emergere.
Non parlo dell'erba comune, ma di quelle piante che, un giorno, avrebbero potuto divenire grandi e robuste, magari parte di una rigogliosa foresta.
Le pecore, pur fecondando con i loro escrementi i terreni dei pascoli, li costringono a rimanere pascoli per sempre. Ne fanno terra feconda ma impossibilitata a produrre foreste.
Le pecore hanno paura delle foreste perchè troppo intricate, ricche di vita e di alternative. Un bel pascolo piatto, meglio anche se non in salita è ciò che le aggrada. Nella foresta potrebbero perdersi o magari rimanere intrappolate.
Lo scopo delle pecore è mangiare e spesso neanche tanto riprodursi, addirittura neanche proteggersi. Quando infatti le pecore sono in tante devono dividersi il pascolo e questo è male per tutte loro.
Le pecore sono animali autodistruttivi eppure sono in tante.
Sono in tante perchè possono essere gestite da pochi e con pochi sforzi.
I lupi sono animali liberi che vogliono rimanere tali.
Cacciano ed uccidono per sopravvivere ma senza esagerare.
I lupi hanno imparato che per sopravvivere non è solo necessario alimentarsi ma soprattutto cacciare e per cacciare è meglio essere in tanti.
I lupi collaborano tra loro e sanno che sebbene in perenne competizione l'essere in pochi equivarrebbe a morire di fame.
73) GIOVANNI PAOLO II
Il Guerriero della Pace - [Torna ad Inizio Libro]
Il Papa è sempre una figura controversa, unico monarca che regge una struttura worldwide, rappresentante di Dio in terra, Erede di Pietro e di Gesù Cristo ed allo stesso tempo figura politica di enorme rilievo. Ho avuto paura ad immaginare il peso che porta sulle spalle ed ho assoluta certezza che solo lo Spirito Santo può aiutarlo nella direzione che deve seguire.
Ma oltre questa mia ammirazione che è congenita nella sua posizione e nelle mie radici cristine cattoliche, non posso dire di non provare un sentimento speciale per Papa Giovanni Paolo II, un Grande dei nostri tempi, una delle ultime persone, leader spirituale e filosofo coerente con le sue idee fino alla fine. E senza fine è il mio Grazie non solo per quello che ha fatto ma semplicemente per aver vissuto in un certo modo mostrando che è possibile.
Papa Giovanni Paolo II, nato Karol Józef Wojtyła è stato il 264º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (il 263º successore di Pietro) e 6º sovrano dello Stato della Città del Vaticano (accanto agli altri titoli connessi al suo ruolo). Fu eletto papa il 16 ottobre 1978. In seguito alla causa di canonizzazione, il 1º maggio 2011 è stato proclamato beato e verrà festeggiato annualmente nel giorno del suo insediamento, il 22 ottobre. Nella storia della Chiesa, non capitava da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore.
"Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!"
74) Il Dito e la Luna - [Torna ad Inizio Libro]
I miei appunti di viaggio si arricchiscono di video ed audio in cui tratto personalmente degli argomenti. Premetto che non sono un attore nè ho specifiche esperienze televisive per cui questi video risentono dei limiti della mia preparazione in tal senso. Ciò nondimeno provo ad esprimere le mie idee con la massima umiltà. Chi vuole ascoltarle è il benvenuto ma nessuno vi è obbligato nè penso di trasmettere verità assolute. Trasmetto solo idee.
Partiamo:
75) La moto, il viaggio e la vita - [Torna ad Inizio Libro]
I miei appunti di viaggio si arricchiscono di video ed audio in cui tratto personalmente degli argomenti. Premetto che non sono un attore nè ho specifiche esperienze televisive per cui questi video risentono dei limiti della mia preparazione in tal senso. Ciò nondimeno provo ad esprimere le mie idee con la massima umiltà. Chi vuole ascoltarle è il benvenuto ma nessuno vi è obbligato nè penso di trasmettere verità assolute. Trasmetto solo idee.
Ecco l'audio:
76) I soldi - [Torna ad Inizio Libro]
I miei appunti di viaggio si arricchiscono di video ed audio in cui tratto personalmente degli argomenti. Premetto che non sono un attore nè ho specifiche esperienze televisive per cui questi video risentono dei limiti della mia preparazione in tal senso. Ciò nondimeno provo ad esprimere le mie idee con la massima umiltà. Chi vuole ascoltarle è il benvenuto ma nessuno vi è obbligato nè penso di trasmettere verità assolute. Trasmetto solo idee.
Questo audio riguarda i soldi, la più potente astrazione che l'essere umano abbia mai messo in campo per dirigere socialmente il suo agire. Il video è stato girato l'ultimo dell'anno 2011:
77) Applicazione del teorema di Godel - [Torna ad Inizio Libro]
Il teorema di Godel sull'incompletezza dei sistemi logici formali (matematica inclusa ovviamente) è uno dei risultati più importanti della ricerca nei settori della filosofia matematica, dell'intelligenza artificiale, della logica e di diversi altri settori scientifici.
In questa pagina questo splendido risultato verrà affrontato in maniera "leggera" ed alla portata della maggioranza delle persone, inoltre se ne mostrerà un'applicazione pratica di estrema utilità nell'ambito dell'informatica e del trattamento e comunicazioni delle informazioni in generale.
Si immagini di costruire un sistema logico formale di ragionamento (per brevità "sistema formale") ossia "... nelle scienze di logica e matematica, una teoria astratta che organizza simboli, termini e relazioni al fine di costituire la base per analizzare razionalmente fatti e poter svolgere delle deduzioni." In definitiva un sistema formale altro non è che un insieme di regole e di oggetti cui applicarle che permette ad una persona di fare considerazioni razionali su fatti, di organizzare delle idee dopo un'analisi (razionale), ecc. Si tratta della base del ragionamento razionale.
Dato che razionalità e coerenza sono cose diverse è bene anche dire che un sistema formale può essere consistente o meno. In dettaglio un sistema formale S di dice consistente se data una qualsiasi affermazione P, vera in esso, questa non può risultare contemporaneamente vera e falsa. Tale fatto non deve sorprendere! L'essere umano può "gestire" pensieri razionali ma non coerenti, si pensi alla marea di paradossi che i filosofi hanno trovato negli anni che sono trascorsi ossia ragionamenti apparentemente perfetti e razionali che conducono a conclusioni assurde ed ambivalenti. In un sistema formale consistente questo non è possibile, la matematica come ce la insegnano alle elementari è un sistema formale consistente perchè non ci sono ambivalenze, è tutto preciso ed apparentemente perfetto.
Tanto per chiudere il cerchio aggiungiamo che un sistema formale S* è corretto se si possono dimostrare solo affermazioni vere in esso (NB1: non significa che tutte le affermazioni vere in S* siano dimostrabili; NB2: S* è sicuramente consistente). Inoltre il sistema formale corretto è anche completo se qualsiasi affermazione vera in esso TRUE(P) è dimostrabile (esiste una sequenza di deduzioni logiche formali che porta a P).
Il teorema di Godel sull'incompletezza, in senso abbastanza semplificato asserisce che non esistono sistemi formali corretti e completi, ossia in ogni sistema formale consistente vi è almeno una proposizione vera TRUE(P) ma non dimostrabile logicamente.
Ossia sebbene sussista TRUE(P) neanche teoricamente è ammissibile una sequenza di deduzioni che dimostri tale fatto. Si potrebbe dire che un sistema formale non può essere auto-consistente, deve appoggiarsi, alla fine, necessariamente, su qualcosa che si sa essere vero ma non si può dimostrare, una sorta di verità assoluta!
Questo è stato un durissimo colpo per i matematici perchè tale teorema definisce in via definitiva che la matematica (la quale è un sistema formale consistente) non è assoluta come la si pensava e non si può in essa dimostrare tutto, a prescindere da quanto sia bravo lo studioso e dal livello di approfondimento degli studi che si raggiunge.
Lo stesso è stato un durissimo colpo per gli studiosi di intelligenza artificiale che ritenevano all'inizio di poter costruire macchine deduttrici logiche in grado di imbrigliare tutta la capacità razionale di un cervello umano. Si è infatti dimostrato, a partire da Godel, che le logiche proposizionali di ordine superiore al primo su cui si basavano i primi studi (si pensi alla costruzione del linguaggio di programmazione prolog) erano sistemi formali consistenti ma non completi per cui già di principio alcuni ragionamenti non potevano essere modellizzati e quindi automtizzati.
A questo punto si può studiare l'esempio applicativo.
Si va a considerare un qualsiasi sistema formale corretto Sb in cui i termini siano stringhe binarie x = "01001110..." di lunghezza finita ed in cui affermazioni tipo "x è casuale" (in logica predicativa "casuale(x)") abbia un senso ed in particolare quello che segue:
"x è casuale se la stringa x non può essere compressa in una stringa x* di lunghezza inferiore ad x" o, che è lo stesso: "la descrizione minima x* di x ha la stessa lunghezza di x" (per lunghezza di una stringa binaria si intente il numero di bit che la formano) o per finire, in logica dei predicati "casuale(x) se e solo se incomprimibile(x)".
Si supponga ora che:
a) N sia il numero di bit necessario a descrivere integralmente Sb (N potrebbe essere il numero di bit atti a descrivere tutti i caratteri di tutti i termini, i predicati e le regole di Sb).
b) sia x* una stringa binaria di lunghezza n* superiore ad N per la quale sia possibile dimostrare la casualità.
dato che per l'ipotesi (b) e la definizione di casualità impiegata la stringa x* non è comprimibile si ha che la sua rappresentazione (interna a Sb) non può essere formata da meno di n* bit e quindi da un numero di bit sicuramente maggiore di N.
Questo è un assurdo in quanto x* è un termine di Sb e come tale la sua rappresentazione ha concorso a formare il numero N.
Di seguito la dimostrazione appena svolta descritta in logica formale predicativa:
(hp0) corretto(sistema_formale(Sb))
(hp1) lunghezza(descrizione(Sb),N).
(hp2) in Sb si può dimostrare casuale(x*).
(hp3) lunghezza(descrizione(x*),n*).
(hp4) n* > N.
(r1) casuale(x*) se e solo se incomprimibile(x*).da (hp2) ed (r1) si deduce:
--> (f1) in Sb si può dimostrare incomprimibile(x*).da (f1) ed (hp3) ed (hp4) si deduce:
--> (f2) N < n*.da (hp1) si deduce:
--> (f3) N = n* + k > n* (con k > 0).(f2) ed (f3) si contraddicono --> assurdo.
Dato che c'è un assurdo possono essere false alcune delle ipotesi ed è interessante la disamina che ne consegue (tralasciando (hp0) ed (hp1) per ovvi motivi):
IPOTESI DI FALSITA' SU HP2:
Se (hp2) è falsa vorrebbe dire che non è mai possibile dimostrare la proprietà casuale(x) per stringhe binarie la cui lunghezza (finita) sia superiore a quella della descrizione del sistema formale in cui si sta operando (questo non vuole però dire che non possano esistere stringhe x per le quali TRUE(casuale(x)) ma semplicemente non sarebbe possibile dimostrarlo).
Nulla potrebbe essere detto per stringhe la cui lunghezza sia inferiore ad N. In definitiva per casuale(x) si può dire che è un'affermazione in Sb sistema formale corretto, la quale può risultare vera ma non dimostrabile ossia un esempio concreto del risultato evidenziato dal teorema di Godel.
IPOTESI DI FALSITA' SU HP4:
Si può falsificare (hp4) andando a considerare delle sequenze binarie x di lunghezza infinita su un sistema formale Sb la cui descrizione è anch'essa di lunghezza infinita. In questo caso la condizione (hp4) perde di senso così come il concetto di incomprimibilità e la stessa dimostrazione.
In definitiva questo significa che la proprietà di casualità per sequenze binarie di lunghezza finita è totalmente differente da quella omonima per sequenze infinite.
IPOTESI DI FALSITA' SU R1:
La regola R1 crea un equivalenza tra casualità ed incomprimibilità della sequenza (finita). Si potrebbe ipotizzare che ciò non sia vero ossia che anche per sequenze finite (per quelle infinite si è già visto non essere vero) casualità non significhi incomprimibilità. In tal caso la lunghezza della descrizione minima di una sequenza x potrebbe non coincidere con la lunghezza della sequenza stessa e ciò comprometterebbe la validità della dimostrazione presentata.
Se casualità ed incomprimibilità per sequenze binarie finite sono proprietà differenti allora casuale(x) in Sb non è detto che sia un esempio concreto del teorema di Godel.
78) Alberi di strada - [Torna ad Inizio Libro]
Di solito non amo scrivere poesie ma può accadere, quella che segue è una poesia di poche pretese che riguarda i dimenticati, gli ultimi, coloro che nessuno ricorda:
Gli alberi piantati lungo le strade
possono crescere a dismisura.
Nessuno vi bada e nessun li taglia
se non procurano fastidio.
Nessuno da' loro acqua
ma ne raccolgono tanta putrida dai fossi.
Nessuno da' loro concime ma
la strada è generosa di scarti che divengono tali.
Nessuno si preoccupa se ingialliscono ma
è inevitabile che tornino verdi.
Seguono le stagioni della vita e sono longevi
perché nessuno si cura della loro crescita.
Procurano ombra indistintamente a tutti
e la loro utilità è sentita.
Si abbracciano quando possono
e formano folte chiome unite.
Ospitano vita di ogni tipo
ed emanano suoni disparati.
In luoghi tranquilli, su strade deserte,
formano arcate di rami e verdi foglie.
E tutto coprono e colorano
fino a quando non muoiono.
E quando muoiono spesso
vengono tagliati dopo anni
perché nulla è importante che li riguardi,
persino la loro fine,
ed anche da cadaveri si può continuare a sfruttarli.79) Stupido - [Torna ad Inizio Libro]
Questa pagina continua quanto visto nella pagina sulla Stupidita'. Si tratta di un argomento per me molto interessante in quanto penso alla stupidita' umana come ad una sorta di malattia e di modo di vivere e non solo come una connotazione negativa della singola persona. La stupidità è un sintomo trasversale alle epoche e come tale può dirci molto sulla natura umana.
La stupidita' non è una scelta ma la conclusione di un modo di vivere.
Che lo stupido capisca di esserlo e' possibile ma che cerchi di cambiare tale situazione gli e' stupidamente difficile.
La stupidita' non e' ignoranza, primo perche' esistono persone stupide dotate di grande cultura e conoscenza delle cose e secondo perchè non conoscere giustifica gli errori mentre nulla può giustificare la stupidita'.
La stupidita' è figlia dell'ottusita' ed esistono alcune ottusita' fondamentali dalle quali necessariamente si sfoga nella stupidita': (1) il pensare di avere ragione a prescindere; (2) il pensare di possedere la verita', di qualsiasi tipo essa sia; (3) il pensare di poter fare violenza agli altri per qpplicare una qualche forma di giustizia; (4) il pensare di essere l'inviato di qualcuno o qualcosa al di sopra di noi; (5) il pensare che non esistano alternative; (6) il pensare che bene e male siano entità ben distinte e che i buoni ed i cattivi siano facilmente individuabili; (5) l'amare il potere; (6) l'amare il denaro; (7) l'amare i risultati; (8) l'essere orgogliosi; (9) la mancanza di flessibilita'; (10) la scarsezza di comprensione verso gli errori degli altri; (11) la mancanza di flessibilita'; ...
'Stupido è chi lo stupido fa'... non e' necessario essere stupidi per fare cose stupide, il mondo e' pieno di persone intelligenti che fanno cose stupide, l'importante e' cercare di imparare dai proprio errori altrimenti la stupidita' assurge a modo di vivere e non solo ad occasione.
La stupidita' e' conveniente: costa poco, favorisce la pigrizia, giustifica rispetto a se stessi e toglie le responsabilita'.
La stupidita' si autorigenera: sebbene sia possibile capire di aver fatto una cosa stupida non ripeterla richiede molto impegno.
Vivere un'idea e' molto diverso da concepirla mentalmente: si puo' concepire la stupidita' pur essendo stupidi, la comprensione concettuale della stupidita' umana non aiuta a migliorarsi, solo il forte impegno personale può farlo.
Viviamo in un mondo stupido?
Solo uno stupido potrebbe rispondere di si!
80) Il dio mercato - [Torna ad Inizio Libro]
E' incredibile come l'essere umano tenti sempre di divinizzare i suoi errori su larga scala. Gli errori piccoli, infatti, possono essere accettati ed affrontati per giungere ad una qualche sorta di miglioramento, quelli grandi, al contrario, devono essere giustificati perchè altrimenti chi li commette dovrebbe ammettere di avere ben poche speranze di evolvere e cambiare a partire da essi.
Frasi come 'dio lo vuole!' erano tipiche di culture vecchie di secoli nel nostro occidente ed anche purtroppo di alcune culture attuali. Tali frasi hanno giustificato scempi, massacri ed ogni forma di nefandezza e tutto su larga scala. Ad oggi, una classica trasposizione di questa frase, che purtroppo mi capita di sentire molto frequentemente, è 'il mercato ci guarda...'. Come se non solo il 'mercato' si elevasse ad entità autonoma e pensante ma addirittura si divinizzasse in una sorta di intelligenza superiore non più soggetta alla volontà degli esseri umani.
Nel momento della crisi economica abbiamo finalmente una certezza: esiste un'entità divina che proviene dall'essere umano ma non più controllabile da esso che può decidere di farci vivere bene o male. Ad essa va sacrificato tutto: il nostro modo di lavorare, di risparmiare e perchè no quello di vivere. Se il mercato ci giudica bene allora va tutto bene, abbiamo una speranza, altrimenti è la fine.
Questo è un assurdo incredibile!
Cosi' come il dio di 'dio lo vuole!' è ben lungi dal Dio che ci ama e rappresenta solo la volontà di un gruppo di persone corrotte e dedite ai loro interessi, il mercato del 'il mercato ci guarda...' concettualizza l'esistenza di una volontà di pochi cui nessuno si può sottrarre, nè nel senso del giudizio, nè nel senso delle azioni. Noi saremmo liberi entro i limiti in cui il mercato lo concede.
Questo concetto di mercato è frutto, tra le altre cose, della tecnologia delle comunicazioni. Una caratteristica del mercato è che è globale e può esserlo solo perchè esistono i sistemi telematici a suo supporto. Il mercato astrae e confonde tutto. 'Pere e bovini' sono la stessa cosa, tutto si può vendere e comprare senza neanche conoscerlo o venirne a contatto. Ed in questo turbinio anche l'essere umano, il suo lavoro, la sua salute e la sua volontà e personalita' sono trattabili come le 'pere ed i bovini'. L'entità del mercato globale è la piu' grande, surreale e potente astrazione mai creata dall'essere umano, figlia ed erede diretta del concetto di denaro (di cui ho trattato in un appunto passato).
Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro...
Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto...
Art. 13 La libertà personale è inviolabile...
Art. 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti...
La costituzione italiana è proprio un testo da studiare e rileggere frequentemente. Non c'è essere umano che possa essere considerato meno delle richieste del mercato.
81) Filosofia - [Torna ad Inizio Libro]
Penso non sia difficile comprendere che sono un appassionato di filosofia e teorie filosofiche. Il mio approccio a tale materia e' di natura prettamente ginnico/mentale e spiego di seguito il significato di questa frase.
Esistono diversi modi di affrontare lo studio della mente e dei pensieri che e' dietro la filosofia e senza pretesa di essere esaustivo, ne cito alcuni:
(a) la storia: la rivisitazione delle teorie che l'essere umano ha creato, nell'ambito filosofico, da quando ha cominciato a capire che i suoi pensieri e le sue riflessioni gli potevano permettere delle acrobazie mentali veramente incredibili;
(b) la comprensione della vita: ad un certo punto dell'esistenza tutti gli esseri umani si imbattono nella terribile domanda perche'? e l'ansia di produrre una risposta e' tanta e tale che taluni si abbandonano alla filosofia sperando che la ragione li aiuti;
(c) la spiritualita': taluni si perdono nei meandri di una necessaria spiritualita' approfondendo cosi' tanto i propri studi da ricorrere a tecniche filosofiche (gia' ampiamente sperimentate, in tal senso, da migliaia di pensatori e mistici).Tante altre possibilita' e motivazioni esistono per spingere una persona a far ricorso allo studio della filosofia o addirittura a creare una propria teoria filosofica. Il risultato agognato, pero' e' in linea di massima sempre lo stesso: comprendere e creare nuove forme di equilibrio.
Sfortunatamente la filosofia ha i suoi limiti in tal senso e questo si nota nel fatto che non solo le teorie filosofiche negli anni cambiano ma addirittura ruotano, passano e ripassano, mostrando che non sono mai scientifiche e soprattutto che non sono mai assolutamente valide o invalide.
In definitiva chi si affida alla filosofia per chiudere il cerchio della comprensione e' come se costruisse un castello di solido cemento su una inconsistente nuvola di acqua piovana. Prima o poi la nuvola sprigionera' la sua energia in tuoni e lampi per far piovere (fatto importantissimo ed essenziale in natura) e scomparira' per lasciare il posto ad un'altra nuvola in formazione.
Questo non è difficile da capire e nemmeno terribile. Che la filosofia non possa coprire tutto e' banale! Essa infatti poggia sulla ragione e la ragione e' una piccola parte delle possibilità di pensiero di un essere umano da cui un pensiero solo 'ragionato' e' un pensiero mutilato. Molto di più puo' fare l'arte a mio avviso.
Nel mio caso la filosofia appassiona perche' e' un training mentale importante e difficile, porta al limite le possibilita' di ragionamento e permette di toccare le vette dell'assurdo, della contraddizione, i grandi problemi della logica e del linguaggio. Si tratta di un approccio con i guanti. Tutti dovrebbero studiare un po' di filosofia e confrontarsi almeno con qualche teoria importante, apparentemente omnicomprensiva, per capire quali forti limiti di comprensione e studio condizionano la nostra vita e per capire anche quanto il nostro ragionamento ci può portare lontano (e non sempre nella direzione giusta).
Per finire, a tutti coloro che pensano al pensiero filosofico o al metodo filosofico come superiore ad altri sistemi o metodi di pensiero (non puramente razionali) ricordo che, nella storia, ogni volta che un filosofo è stato libero di applicare le sue teorie tramite la politica e quindi attualizzarle nella realtà sociale, e' accaduto un disastro... gli esseri umani non sono puramente razionali e dar loro la direzione mediante solo questo aspetto significa costringerli sempre ad una indefinibile sudditanza.
82) Il nulla - [Torna ad Inizio Libro]
Il nulla è un'affascinante entita' che e' stata ed e' oggetto di studio da parte di tutta una serie di discipline, dalla matematica, alla fisica, alla filosofia fino alla logica.
Si parte ovviamente dal fatto che il nulla è una contraddizione logica ma questo porta a delle interessantissime considerazioni su di esso, dovute proprio al fatto che la sua concezione fuoriesce dalla logica classica e soprattutto dalle possibilità del linguaggio umano cosi' come comunemente inteso.
Il nulla si definisce in negativo (ed è qui uno dei principali problemi), ossia come mancanza e semplicisticamente come la più grande delle mancanze. Si immagini (ed il verbo immaginare non e' invocato a caso...) un'entita' che derivi dalla rimozione di tutto, anche del suo stesso concetto, ecco qui che compare il nulla.
Purtroppo il nulla, rispondendo a questa definizione, non dovrebbe poter essere pensato e probabilmente neanche immaginato da cui la contraddizione logica sulla sua esistenza: se lo definisci lui non c'e' e se non lo definisci come fai a parlarne o a studiarlo?
Tutto ciò, in realta', non è complesso! si tratta solo di un raggiro logico e dato che la logica comunemente impiegata è basata su meccanismi linguistici, il nulla è semplicemente un concetto al limite della nostra possibilita' di espressione mediante un linguaggio formale o semi-formale.
Una delle banali soluzioni è parlarne in maniera banale!
Faccio un esempio matematico dato che nel calcolo degli infiniti ed infinitesimali si e' avuto un problema analogo:
ESEMPIO
La funzione f(x) = 1/x è tale per cui al crescere di x positivo la f(x) diminuisce tendendo a 0:
f(1)=1, f(2)=0.5, f(3)=0.33, f(4)=0.25, ...
la domanda banale è per quale numero f(x)=0 ?
se ipotizziamo che sia un numero finito N positivo, ossia che f(N)=1/N=0, dato che f(.) è sicuramente positiva si avrebbe f(N+1)>0 e quindi 1/(N+1) > 1/N ossia N > N+1 e quindi un assurdo.
Il problema sembra non avere soluzione ma in realtà e molto semplicemente la matematica dei valori finiti che stiamo utilizzando non e' sufficiente a descrivere questa strana equazione. Qualcuno allora capi' che era necessario estendere tale matematica a valori non necessariamente finiti. Si introdusse quindi un particolare numero che qui chiameremo INFINITO il quale ha la proprieta' di essere più grande di qualsiasi numero positivo uno possa immaginare (anche qui immaginare non è a caso...).
Per tale numero: f(INFINITO)=0 e cosa molto interessante
INFINITO = INFINITO+1 (!)
Dal punto di vista logico e delle grandezze che tutti i giorni trattiamo questo è un assurdo!Tutto oggi, dalla costruzione dei ponti agli edifici, alle auto ed ai computer si basa su questo assurdo... questo deve farci riflettere: il fatto che qualcosa sia logicamente assurdo non significa che non possa essere impiegato con grande successo perche' la realta' in cui viviamo non è vincolata alla logica in quanto la logica e' solo una delle rappresentazioni possibili della realta'
Per il nulla si potrebbe studiare un metodo di rappresentazione al limite come e' stato fatto per l'INFINITO numerico. In questo senso se ne puo' parlare 'banalmente'. Ad esempio si parte da un bicchiere su un tavolo in una stanza e lo si immagina (attenzione!) vuoto, poi si fa sparire anche il tavolo che lo sostiene, l'ambiente in cui e' inserito, poi il bicchiere stesso e l'aria in esso, poi si smette di visualizzarlo nella mente per come e' fatto e cosi' via al limite... ecco il nulla!
83) Il tutto - [Torna ad Inizio Libro]
In concomitanza con l'annotazione precedente sul nulla eccomi a scriver sul tutto. Contrariamente a quanto fatto in precedenza il tutto riguarda non l'esistenza o la non esistenza ma l'essenza dell'essere umano, ossia un minimo di teoria globale del perchè le persone sono come sono e si comportano normalmente in maniera piuttosto conforme a determinate regole (eccezioni ce ne sono e ce ne saranno sempre ma vi assicuro che il modello funziona per moltissimi...).
La persona ha due spinte: una verso l'alto (Dio) ed una verso il basso (la sopravvivenza). Tali spinte non sono coscienti ma intrinseche alla natura dell'essere umano (il perchè di questo non sono in grado di dirlo ma, ad esempio la spinta alla sopravvivenza è comune ad ogni essere vivente mentre quella verso Dio è solo umana - per quello che è a mia conoscenza).
La spinta verso Dio genera elementi sublimi che non sono riportabili al semplice fatto di sopravvivere. Ad esempio pregare per guarirsi o stare meglio o far star meglio qualcuno è riportabile alla sopravvivenza ma pregare per puro amore di Dio è sublime e può non avere riscontri di necessità individuali o fisiche.
La spinta alla sopravvivenza si esplica attraverso 4 bisogni fondamentali, molto difficili da gestire mentalmente perchè anch'essi intrinseci alla natura umana: (1) nutrirsi (assumere oggetti dall'esterno verso l'interno); (2) difendersi (impedire ad oggetti esterni di violare l'interno); (3) dormire (distaccarsi dall'esterno); (4) riprodursi (tentativo di collegare l'interno di due persone).
Ogni altra spinta, pulsione, impostazione comportamentale, ecc. è descrivibile attraverso una rielaborazione che la mente fa di queste 4 spinte base più ovviamente quella verso Dio.
Il 'tutto' che l'essere umano può concepire è la piena ed incondizionata soddisfazione delle citate 4+1 spinte.
Si noti che questo 'tutto' include ogni cosa che sia materiale ed osservabile (metafora del possesso assoluto dell'esterno) ed ogni pensiero concepibile (metafora del possesso assoluto dell'interno)... Inutile dire che il 'tutto' è una povera illusione...
84) La Pigrizia - [Torna ad Inizio Libro]
Una forza inarrestabile
Inizieremo questo piccolo studio sulla pigrizia proprio evidenziando il fatto che è una forza inarrestabile. Non intendo dire semplicemente che la pigrizia è una forma energetica quanto piuttosto che è una precisa via cui l’energia (di qualsiasi tipo la consideriate) deve assoggettarsi.
La pigrizia è una via altamente probabile e quasi casuale che rigetta le regole razionali. In molti casi non tiene conto nemmeno delle implicazioni emozionali e più in generale dell’umanità. Inoltre, non si limita all’ambito degli esseri umani, coinvolgendo la natura e se vogliamo l’intero universo.
Essa può essere una giustificazione ma nella maggior parte dei casi è una potente forma di astrazione che riunisce innumerevoli principi di funzionamento delle cose e dei pensieri. Tanto è dovuto al fatto che proviene dal profondo, dalle origini dell’universo, delle cose e dei pensieri, bisognava solo darle un nome ed è stato fatto.Ordine e Disordine
La pigrizia tende al disordine assoluto in cui tutto debba risultare completamente casuale. Se così non fosse, se quindi si potesse ravvedere un ordine nelle sue cose, sarebbe stata spesa più energia del necessario per imporre tale ordine (in maniera non casuale ma causale) e quindi ci sarebbe stata almeno un’azione non pigra nel farlo.
L’universo è pigro nelle sue azioni, ogni cosa che viene generata ha un suo ordine iniziale che nel tempo tende a degradare fino ad una disposizione casuale delle sue componenti.
L’astrazione dei numeri, ad esempio, è un pesante sistema di ordinamento delle cose e dei pensieri e non è a caso che la maggioranza delle persone odia la matematica. Essa, infatti, ti impone di sistematizzare così richiedendo un grande dispendio energetico nell’associare i numeri ad ogni azione o concetto.
Anche il sistema linguistico ufficiale è un pesante formalismo comunicativo che la maggioranza delle persone mai incorpora totalmente con tutte le sue regole. Si vedono quindi esplosioni di metodi alternativi semplificati di comunicazione quali i dialetti, i neologismi, le abbreviazioni e sicuramente l’impiego di gesti. Questi hanno la caratteristica di essere semplici e ripetitivi nel loro impiego.La pigrizia della corrente elettrica
La corrente elettrica continua è normalmente indicata come un flusso di elettroni che percorre un conduttore di qualche tipo, normalmente metallico. Essa risponde alla legge della pigrizia nella maniera perfetta con attenta valutazione della situazione.
Se ad esempio il flusso di elettroni incontra una biforcazione (un nodo) e può andare a destra o a sinistra esso si conforma generando due flussi di cui il più grande va nella via più semplice (con meno resistenza) ed il più piccolo nell’altra con maggiore resistenza.
L’esempio più impressionante di tale comportamento è il parafulmine. Il fulmine è un potentissimo flusso di elettroni che dal cielo spesso cerca di raggiungere la terra. Tale scarica viene “attirata” dal parafulmine proprio perché il flusso ravvede in tale sistema la via più semplice per arrivare a terra, in questo modo evita case e persone verso cui potrebbe benissimo incanalarsi.
Questa caratteristica della corrente elettrica continua (la sua intrinseca pigrizia) viene talvolta indicata dagli specialisti dicendo che la corrente è “intelligente” ossia tende a non sprecare energia scegliendo opportunamente le vie da seguire. Questa associazione tra intelligenza e pigrizia è quanto meno interessante anche perché personalmente la ritengo inesatta. Sarebbe infatti più corretto chiamarla furbizia, non intelligenza, e sempre personalmente non ritengo che il furbo sia intelligente.Decidere
L’atto di decidere è intrinsecamente molto dispendioso dal punto di vista energetico. Esso, infatti, razionalmente richiede almeno le seguenti attività: (a) osservazione e valutazione della situazione; (b) ottenimento delle alternative decisionali possibili e loro valutazione; (c) applicazione di almeno un criterio di selezione delle alternative per l’ottenimento dell’azione finale (decisa).
Il non decidere semplicemente richiede passività di fronte alle situazioni per cui ha un dispendio energetico minimo. La pigrizia è quindi assenza decisionale e l’assenza di decisioni ed azioni ha una probabilità molto più alta di una ferma presa di decisione.
Qualora le decisioni si considerino nel tempo si avrebbe il cosiddetto percorso di un albero decisionale in cui, ad ogni nodo, la decisione viene rappresentata dal ramo scelto per proseguire nella prossima situazione.
Una decisione pigra non è una “non decisione” in quanto essendo una decisione pigra almeno un fattore di essa è stabilito ossia la pigrizia. Per imporre tale fattore bisogna impiegare comunque energia. Una “non decisione” è una decisione mai presa, che il soggetto coinvolto lascia completamente ai fattori esterni, come non ne fosse coinvolto. Il percorso decisionale di un soggetto pigro, quindi, è totalmente casuale dal suo punto di vista. Questo, non perché non sia in grado di valutare l’impatto dei vari fattori sulla sua decisione ma solo perché di principio considerarli sarebbe troppo dispendioso energeticamente.La Pigrizia e l’acqua
L’acqua a temperature normali è in forma liquida e come tale esprime perfettamente una meravigliosa pigrizia. Facile a dividersi ed a cambiare aspetto, tende alla trasparenza ed alla non resistenza meccanica, si lascia preda della forza di gravità così scivolando verso il basso quasi in maniera incontenibile, tende a rifiutare i cambiamenti di temperature e qualsiasi energia riceva la ripartisce al suo interno un po’ ovunque e spesso a caso.
Pigra nel dare e pigra nel ricevere l’acqua è infatti un grandioso accumulatore di energia che rilascia a modo suo e sempre lentamente. L’acqua non si impegna mai in un punto specifico e quando lo fa, costretta da vincoli, vi concentra una spaventosa quantità di energia fino a disperderla distruggendo tali vincoli in tempi generalmente lunghi.
L’acqua in forma liquida rifiuta di avere una sua forma geometrica stabile adattandosi a prendere quella del contenitore, ciò fino a quando il contenitore non ne è distrutto. In questo senso la pigrizia dell’acqua fa preciso riferimento alla sua pazienza.
L’acqua è semplice nella sua essenza ed è quindi molto difficile da “modificare”, pigramente accetta di inquinarsi incorporando lascamente qualche particella estranea ma la sua struttura rimane immutata così come i suoi legami. Per questo motivo l’acqua è praticamente ovunque e per farla sparire è necessario darle molta energia.Svegliarsi la mattina
L’atto di svegliarsi la mattina, dopo un sonno, è innanzitutto assolutamente impredicibile nel suo istante preciso ed in secondo luogo richiede una notevole energia. Svegliarsi è contrario alla pigrizia in ogni senso. Se ad esempio ipotizziamo che ci sia un orario obbligatorio di risveglio il fatto si acuisce con dei sintomi fisici molto evidenti. Gli ultimi minuti appena prima dell’orario obbligato sono quelli in cui si dorme meglio: perché?
Nella mente, che ha un suo orologio interno naturale, l’idea che è obbligatorio svegliarsi ed alzarsi a quell’ora è qualcosa di ben chiaro. Tale concetto viene tradotto nella necessità di spendere molta energia in un determinato momento. La mente stessa interviene rendendo maggiormente piacevole il sonno nell’intorno di quel momento proprio perché così minimizza la probabilità che il dispendio di energia avvenga.
Il risveglio è comunque condizionato da una miriade di fattori diversi, quando la probabilità che avvenga si spande su un periodo molto ampio e poco ragionato si ha un risveglio pigro. È interessante notare che un risveglio pigro non fa molto bene al corpo ma nemmeno molto male e sicuramente fa meno male di un risveglio ad un orario forzato.Il male è una scelta
Che il bene sia una scelta dovrebbe essere chiaro a tutti, nessuno può pensare che il bene si realizzi per caso, nella maggior parte dei casi esso si realizza per impegno di qualcuno e con un enorme dispendio energetico.
Al contrario si potrebbe pensare che il male provenga da scelte pigre o non scelte da cui l’unica origine del male sarebbe la pigrizia in qualche sua accezione. Quello che accade, invece, è che il male anche lui risulta frutto di una scelta e quindi di un atteggiamento tutt’altro che pigro.
Se il bene risulta caratterizzato da certe situazioni è automatico che il male risulti caratterizzato da un numero molto più alto di situazioni. La variabilità ed i modi del male sono molto maggiori e quindi in generale il male è molto più probabile del bene. La pigrizia genera delle evoluzioni praticamente random dei pattern decisionali per cui è sicuramente più probabile che conduca più vicino al male che al bene ma, in media, non conduce né ad un estremo né all’altro.
La pigrizia conduce verso la mediocrità, una situazione in cui l’estremo male e l’estremo bene vengono esclusi per lasciare spazio ad un altalenante movimento tra bene e male da cui si può uscire solo con la morte.Procrastinare
Questo terribile verbo è un marchio di garanzia della pigrizia. Dato che fare subito qualcosa richiede sicuramente motivazione ed impegno e quindi energia, la prima scusa del pigro per non farla è procrastinare ossia rimandare a miglior momento.
Quali sono i momenti migliori? Ci sarà un momento migliore perché nel frattempo la motivazione del fare potrebbe venire meno (le cose magari si risolvono da sole o qualcuno le risolverà al posto mio). Ci sarà un momento migliore perché ora sono stanco (parto non appena sono al massimo, nelle condizioni migliori o ideali). Ci sarà un momento migliore perché prima di fare questo devo risolvere un altro problema (faccio non appena ho fatto altro).
Il risultato di questo atteggiamento è ovviamente che nulla viene mai fatto se non per sbaglio o per una serie di coincidenze o forzature della vita. Parto con la dieta a marzo, inizio ad allenarmi da lunedì, tra poco, alle 14.00 inizio a studiare, ecc. Sempre alla ricerca della definizione di un momento migliore. Ovviamente non esiste un momento giusto per iniziare o fare qualcosa, esistono delle valutazioni da fare su quando iniziare o fare ma già le valutazioni sono un fare che però deve portare ad un fare.
Esiste unico appuntamento nella vita che non si può procrastinare ed è ovviamente la morte. Essa è un fare che una volta avviato generalmente non può essere fermato. Anche la morte rispetta la legge della pigrizia e ne è una grande manifestazione ma l’atto di morire, quando affrontato con coscienza è un grande impegno e richiede energia per cui i pigri disconoscono il fatto di dover morire, la loro vita senza azione la considerano eterna.La costanza
Essere costanti in un’idea, un’impostazione, un’azione, essere dediti ad una via e percorrerla con decisione e costanza nel tempo è qualcosa che rende impossibile la pigrizia. Chi dedica se stesso a qualcosa sa che ha poco tempo per decidere ed agire, la sua stessa vita gli sembra breve per ottenere tutto quello che potrebbe ottenere coerentemente alla strada intrapresa. In base a ciò opera costantemente ed incessantemente, forse potremmo anche dire disperatamente, senza concedersi riposo.
La pigrizia stessa non è costante, essa rifugge così tanto l’idea di essere dediti a qualcosa che una persona tutta dedita alla pigrizia non può esistere. Di tanto in tanto i pigri hanno un impulso fattivo che li porta ad essere operosi e dediti a qualcosa ma solo per breve tempo. In questo modo dimostrano di non essere nemmeno capaci di dedicarsi totalmente alla pigrizia, perché costerebbe loro troppa energia.
L’incostanza e la superficialità sono quindi elementi essenziali se si vuole veramente essere pigri. Tutto deve avere un ruolo marginale nella vita, nessun risultato deve interessare e possibilmente ogni scopo deve essere ridimensionato in funzione della possibile fine della vita.
Capita di sentire giustificazioni del tipo “ma tanto…” alla propria incapacità o voglia di fare. Si, partendo dal fatto più banale che conosciamo, quello di morire, costruiamo l’inutilità del fare e qualcuno anche del vivere. Ciò è concepibile solo nell’ambito della pigrizia, una persona operosa ed umile fa per il gusto di fare e non può non fare. Una persona pigra e presuntuosa non inizia a dedicarsi a qualcosa perché capisce che non è in grado di fare grandi cose. E perché mai dovrebbe fare grandi cose? Quale regola implica che sia un grande e non uno dei tanti? Ognuno di noi è uno dei tanti, a prescindere da quello che farà nella sua vita, questa unità di misura non funziona.85) La Teoria della connessione globale - [Torna ad Inizio Libro]
Premessa
La nostra dissertazione partirà considerando che, in linea di massima, potrebbero esistere 3 mondi fondamentali in cui un essere umano è inserito. Ovviamente questa non si ritiene un'idea assoluta e non si riporta tale idea allo scopo di dimostrarla come vera ma solo con la volontà di spingere alla riflessione. Dopotutto è possibile approfondire lo studio di questa congettura fantasiosa senza neanche pretendere di dimostrare che tali mondi esistano o meno.
Il mondo 0 è il mondo della realtà oggettiva (assoluto), ossia l'universo in cui siamo inseriti e che determina la nostra percezione sensoriale prescindendo quindi da essa. In altro modo si potrebbe dire che la realtà oggettiva è l’invariante rispetto a quanto percepito dai sensi di più persone, ossia la fonte da cui tutte le persone possono attingere, mediante i loro sensi, al fine di disegnare la realtà come la percepiscono.
Il mondo 1 è il mondo della realtà soggettività (percezione) ossia l'universo così come percepito attraverso i sensi (e quindi “offerto” alla mente) di una singola persona. Mentre il mondo 0 è un'invariante rispetto ai sensi e quindi alle persone, il mondo 1 è relativo all'individuo, ossia due persone, pur essendo inserite nello stesso mondo 0 possono percepire due diversi mondi 1.
Il mondo 2 è il mondo del pensiero soggettivo (mente) ossia tutto ciò che una singola persona può pensare e concepire mentalmente. E' abbastanza evidente che il mondo 2 include il mondo 1 in quanto ciò che si percepisce viene concepito come pensiero e concettualizzato al fine di dargli un significato, in altre parole diviene un pensiero. Per quanto riguarda il rapporto tra mondo 2 e mondo 0 si può dire per certo che l’idea di mondo 0 è parte del mondo 2 ma che razionalmente l’essere umano possa conoscere il mondo 0 e quindi includerlo nel mondo 2 è molto difficile da stabilire.
Un breve cenno sull’esistenza di un mondo 3 del pensiero collettivo, fatto ancora più dubbio ma comunque affascinante. Esso sarebbe costituito dai pensieri di una collettività di persone, ma questo porterebbe a concepire l’esistenza di una mente collettiva ed il discorso andrebbe lontano perché dovremmo spingerci a vedere la relazione tra essa e la mente dei singoli che la formano.Sulla base di questa costruzione proviamo a fare delle considerazioni successive.
Siamo in grado di osservare direttamente il mondo 0?
La risposta è ovviamente no, ma andiamo per ordine.
“Osservare direttamente” il mondo 0 significherebbe poter desumere “direttamente” delle informazioni dal mondo 0 e poiché questi è l’invariante rispetto a quanto percepibile dai sensi delle persone si arriverebbe ad una informazione assoluta, nel senso che qualsiasi osservatore, in qualsiasi tempo e spazio, la desumerebbe identica. Il processo di osservazione diretta, quindi, non ha senso nel mondo 0, dato che nessuno ha mai trovato (fino ad oggi e per quella che è la mia conoscenza almeno) una tale informazione. L’unica osservazione possibile per il mondo 0 è quella “indiretta”, fatta cioè mediante il mondo 1. Essa consiste in una serie di percezioni sensoriali che possiamo avere, direttamente o indirettamente, dell’entità osservata, le quali vengono concepite nel nostro mondo 1 correlandovi un’enorme serie di altri fattori soggettivi preesistenti. L’osservazione indiretta, quindi, non dipende solo dal mondo 0 e dalle percezioni sensoriali (mondo 1) che se ne hanno ma anche dal mondo 2 dell’osservatore nel momento in cui concettualizza tali percezioni.IPOTESI DESUNTA #1 (DIFFERENZA TRA MONDO 1 E MONDO 2): L’essere umano riconosce come esterni alla sua mente i segnali che provengono dai suoi sensi e come pensieri (o mente) tutto il resto che riesce a concettualizzare e che non è segnale includibile tra i primi.
IPOTESI DESUNTA #2 (ESISTENZA DEI SEGNALI): La mente genera e riceve segnali così come i sensi. Le sensazioni e le percezioni sono segnali. I pensieri possono determinare segnali ma non sono segnali elementari.
Come sempre accade, quando le cose sembrano divenire troppo astratte, si può provare a rifugiarsi nella scienza invocando un concetto di osservazione particolare: la misurazione. Si può applicare il processo di misura nel mondo 0?
La misura svolta mediante strumenti scientificamente accettati è un processo di osservazione “molto” indiretto. Esso consiste nell’osservare un fenomeno andando ad osservare un fenomeno strettamente correlato al primo ma comunque distinto da esso. Volendo ad esempio pesare un oggetto materiale soggetto a forza di gravità possiamo misurare la lunghezza della deformazione di una molla tarata (es. dinamometro) cui lo abbiamo appeso. Ma questo è misurare una lunghezza correlata alla forza di gravità e non la forza di gravità stessa. Andando avanti misurare una lunghezza è comparare un segmento con dei segmenti di riferimento per ottenere numeri che ne definiscano il rapporto (3 cm indicherebbero che 3 segmenti da 1 cm entrano nel segmento misurato). Ma questo è contare ossia una concettualizzazione astratta del mondo 2. Alla domanda quanto è lungo veramente 1 cm o quanto pesa davvero 1 kg non è semplice rispondere! La misura del peso di un oggetto, attività di osservazione scientifica normalmente considerata oggettiva è a tutti gli effetti, nell’esempio trattato, l’astrazione (contare) della comparazione di lunghezze, le quali sono percezioni visive e sensoriali. Se quindi il mondo 0 variasse le sue proporzioni in un modo che sfugge alla nostra percezione visiva o sensoriale in genere si potrebbe ipotizzare che il processo di misura resti invariante proprio in quanto osservazione indiretta del mondo 0 da cui la non utilità della misurazione nel mondo 0.Esiste il tempo nel mondo 0?
Il tempo come costruzione tipicamente astratta fa parte del mondo 2. A livello percettivo sensoriale noi esseri umani apprezziamo il cambiamento ed un cambiamento che si ripete permette di concepire una periodicità, in base a questi elementi si definisce e misura il tempo ma si ripresenta la situazione dell’esempio inerente la misura del peso fatto in precedenza. Il tempo si può osservare e misurare solo indirettamente attraverso un processo di astrazione (contare) della misurazione di angoli e lunghezze (si pensi ad un orologio o un calendario) correlati a fenomeni considerati periodici, ma quant’è lungo veramente 1 secondo non è semplice da dire. Il tempo, come il mondo 0, non si può osservare direttamente, ma si può concettualizzare e misurare indirettamente da cui il tempo, se esiste è parte del mondo 0 perché ne ha le medesime proprietà.IPOTESI DESUNTA #3 (IMPLICAZIONE DELL’ASSOLUTEZZA DEL TEMPO): Il tempo, così come concepito dalla mente, se esiste è un assoluto, è parte del mondo 0.
Ma l’essere umano di quale dei mondi citati è parte?
È bene ragionare per ipotesi.
Se fosse parte del mondo 0 giustificheremmo sicuramente il perché abbiamo una percezione di noi stessi attraverso i sensi, dato che sarebbe originata proprio da ciò che noi saremmo nel mondo 0.
L’ipotesi di essere parte del mondo 1 non stupisce in quanto tutti, a meno di particolari patologie, abbiamo un’idea di noi stessi a seguito delle percezioni sensoriali.
Anche la finale ipotesi che l’essere umano faccia parte del mondo 2 non è difficile da digerire dato che l’idea che abbiamo di noi stessi non si limita alle percezioni ma bensì si estende ad aspetti interiori che non necessariamente devono venire da percezioni sensoriali.
Si possono fare quindi due considerazioni interessanti.
La prima è che capire cosa effettivamente sia l’essere umano nel mondo 0 è un mistero, probabilmente insolubile, ma veramente affascinante in quanto scioglierebbe il dubbio di base su cosa siamo e perché siamo ciò che siamo.
La seconda è che sebbene il mondo 2 includa, come già considerato, il mondo 1, nel mondo 2 potrebbero esistere delle sensazioni per così dire interiori non riportabili a percezioni sensoriali ma che scatenino esse stesse delle reazioni a livello corporeo le quali vengono poi effettivamente avvertite tramite segnali.Un esempio chiarifica il secondo punto.
Quando il pensiero studia se stesso è possibile che generi paura, gioia, dolore, ecc. queste sensazioni interiori determinano poi reazioni fisiche e di conseguenza percezioni sensoriali. Ora una domanda banale è “se durante il sonno me la faccio addosso perché ho paura sognando e sento la sensazione di umido, posso dire che la paura esiste in quanto a ciò che percepisco sensorialmente o la paura può sussistere anche senza la percezione dei sensi?” in altre parole le sensazioni interiori devono necessariamente essere correlate a percezioni sensoriali per dire che esistono? Oppure, che è lo stesso, può esistere una sensazione interiore che non abbia nessun tipo di riflesso sull’attività corporea, nemmeno su quella dei neuroni? Infine la domanda si riassume in cos’è che fa parte del mondo 2 e non del mondo 1?Gli “altri” in quale mondo sono?
Si possono avanzare due ipotesi in relazione agli “altri”, ossia in relazione alle persone che consideriamo esternamente a noi e con le quali comunichiamo direttamente o indirettamente: la prima ipotesi è che siano entità del mondo 0 e quindi in tal senso “inconcepibili” nella loro essenza come inconcepibile è il nostro essere in tale mondo; la seconda è che siano entità del mondo 2 che generino particolari percezioni sensoriali e quindi si inseriscano, per così dire, fraudolentemente nel mondo 1.
La seconda ipotesi equivale a dire che gli “altri” sono solo un particolare pensiero.“Io” in quale mondo sono?
La domanda precedente porta direttamente a questa domanda e ferme restando le ipotesi che anche “Io” potrebbe essere un’entità del mondo 0 vi è l’affascinante ipotesi che “Io” potrebbe essere esso stesso un pensiero. In tal caso, se l’entità che osserva è un pensiero, tutto è ovviamente riconducibile ad un pensiero da cui i quattro mondi studiati (includo anche il mondo 3 del pensiero collettivo) collasserebbero in uno.È possibile un approccio sperimentale?
Riconducendoci alle ipotesi e domande della premessa sarebbe davvero interessante cercare di capire se è possibile approcciare sperimentalmente ai concetti dei 3 (0 4) mondi attraverso il nostro limitato punto di vista di esseri umani.
Dato che il nostro punto di vista è dovuto essenzialmente alle percezioni sensoriali ed ai pensieri un elemento sperimentale notevole potrebbe essere quello di espandere le capacità sensoriali dell’essere umano. Non si tratta semplicemente di aumentare le possibilità di udito, olfatto, vista, ecc. quanto piuttosto di permettere nuove forme di percezioni sensoriali oltre i 5 sensi.
Dato che tutto ciò che viviamo dalla nascita è limitato ai 5 sensi immaginare un nuovo stimolo sensoriale non è semplice eppure allo stato attuale della tecnologia si può concettualizzare un efficace “sesto” senso costituito dalla possibilità di assumere informazioni direttamente a livello mentale senza l’interfaccia dei 5 sensi “naturali”.
Ipotizzando che si possa connettere un sistema informativo digitale direttamente alla mente umana avendo come tramite esclusivamente segnali elettrici e non stimoli sensoriali si avrebbe un nuovo senso e la mente potrebbe espandersi ad un nuovo livello di comprensione della realtà.Il mondo della realtà aumentata
Se un mondo 0 esiste, la possibilità di esplorare nuovi sensi, anche se artificiali, dovrebbe avvicinarci alla sua comprensione. Il mondo che si avrebbe dalla percezione attraverso i sensi aumentati sarà il mondo X, che verrà chiamato, in tal senso, mondo della realtà aumentata.La realtà aumentata è una realtà distribuita
Ci sono diverse conseguenze al fatto che sia possibile permettere ad un essere umano di accedere alla realtà aumentata. Una di queste, molto interessante, è che il mondo X non è soggettivo ma intrinsecamente “distribuito” (nel senso che l’informatica attribuisce a tale parola).
Se è infatti consentito connettere direttamente una mente umana ad un sistema informativo digitale nulla vieta di usare tale stesso sistema per connettere altre menti, realizzando a tutti gli effetti un ponte di comunicazione tra menti che prescinde dai sensi. Il sistema in questione è quindi anche un’interfaccia tra menti ed il mondo X una realtà plurisoggettiva.
È bene riflettere sul fatto che plurisoggettivo non intende semplicemente sociale. Il concetto di realtà sociale è basato sulla barriera dei sensi che dividono gli esseri umani. Il mondo X è di molto simile al mondo 3 in cui, però, la mente collettiva sarebbe formata come federazioni di molte menti interfacciate da un sistema digitale.La deflagrazione del mondo 1
Nell’ipotesi che una mente acceda al mondo X e quindi alla realtà aumentata che, come si è visto è una realtà altamente “connessa”, “distribuita”, il mondo 1 della realtà soggettiva ne verrebbe ad esplodere, si determinerebbero diversi mondi 1 per una singola persona. Se la connessione è così elevata è infatti plausibile che si possa percepire l’universo, il mondo 0, attraverso i sensi e/o i pensieri di un’altra persona ugualmente inserita nel mondo X.
È bene considerare degli esempi concreti. Nel mondo 1 se la persona P1 considera un oggetto A lo può percepire attraverso (ad esempio) la propria vista VISTA(P1,A), nel mondo X lo stesso P1 potrebbe concepire l’oggetto A attraverso almeno 3 differenti “punti di vista”:
1) MONDO1(P1,VISTA(P1,A)) ossia la vista di P1 su A
2) MONDO1(P1,VISTA(P2,A)) ossia la vista di un’altra persona P2 su A
3) MONDO1(P1,MONDO1(P2,VISTA(P2,A)) ossia i pensieri che P2 ha su A
Nel caso (1) si considera che il soggetto P1 concettualizzi esclusivamente i segnali che percepisce dai suoi sensi, questo infatti è il mondo 1 (soggettivo) di P1 isolato. Nel caso (2) (piuttosto limite), si considera invece che P1 concettualizzi i segnali dei sensi di P2 (un’altra persona). Ammesso che ciò sia possibile (concettualizzare segnali puri provenienti da sensi di altre persone senza che siano già stati soggetti ed elaborazione dell’altro) questo equivarrebbe ad espandere i propri sensi e quindi il mondo 1 che ne verrebbe sarebbe il risultato di un’espansione (es. A potrebbe essere osservato da più visuali contemporaneamente).
Nel caso (3) P1 andrebbe a concettualizzare concetti già determinati da P2 su A e quindi il mondo 1 che ne verrebbe sarebbe il risultato di una sorta di esplosione.
Lo schema rappresentato in formule, infatti, in un mondo X altamente distribuito, potrebbe facilmente divenire ricorsivo ed estendersi a 3, 4 persone e così via:
MONDO1(P1,MONDO1(P2,MONDO1(P3,VISTA(P3,A))))
MONDO1(P1,MONDO1(P2,MONDO1(P3,MONDO1(P4,VISTA(P4,A)))))
Questo si può estendere a piacimento ad n persone ed inoltre è solo un caso molto restrittivo delle possibilità che il mondo X determina, infatti, sempre considerando P1 e P2 è plausibile scrivere che:
MONDO1(P1,MONDO1(P2,VISTA(P2,A))
e
MONDO1(P2,MONDO1(P1,VISTA(P1,A))
ossia si determinano dei feedback, dei cicli in cui i pensieri di ogni persona influenzano quelli degli altri dando ad A una interpretazione frutto di profonde concettualizzazioni sociali (sarebbe meglio dire “distribuite”).
Per il mondo 2, del puro pensiero soggettivo, il feedback è ancora più “profondo” in quanto genera un “loop” che non ha tappo della ricorsione (nell’esempio di sopra il tappo potrebbe essere il segnale proveniente dai sensi ossia VIST(.)):
MONDO2(P1,MONDO2(P2))
MONDO2(P2,MONDO2(P1))
In definitiva il mondo X è assolutamente dinamico e instabile ed in più auto-generativo, data la sua profonda caoticità risulta estremamente fecondo di idee, concetti e punti di vista.86) La Teoria matematica della Burocrazia - [Torna ad Inizio Libro]
Premessa
Non si può evitare di partire dal significato di “burocrazia” come espresso da una fonte aperta su Internet nota a tutti:
Il termine, definito in maniera sistematica da Max Weber indica il "potere degli uffici" (dal francese bureau): un potere (o, più correttamente, una forma di esercizio del potere) che si struttura intorno a regole impersonali ed astratte, procedimenti, ruoli definiti una volta per tutti e immodificabili dall'individuo che ricopre temporaneamente una funzione.
quindi, da un punto di vista matematico, la burocrazia richiede la definizione di alcuni elementi assiomatici senza i quali la nostra speculazione non può cominciare. Di essi semplicemente discuteremo un poco dato che, essendo assiomatici, poco si può definire seriamente:
Elemento 1:
Sistema complesso: un assieme di parti apparentemente razionale e regolato ma assolutamente e definitivamente complesso, ossia non completamente comprensibile da ogni singola sua parte. Dal punto di vista esterno è un sistema dinamico, variante nel tempo, che non risponde a nessuna forma di modellizzazione logica.Elemento 2:
Regole: nel sistema complesso, appena indicato, esistono, sempre apparentemente, delle regole da cui nessuno può fuggire ma che nessuno capisce completamente. Il cui numero è praticamente illimitato e cresce nel tempo. La cui interezza non può essere nota a nessuno (nessuno conosce tutte le citate regole).Elemento 3:
Ruoli: la burocrazia è gestita da operatori i cui ruoli sono definiti, mai stabili e mai legati alla singola persona perché l’individualità non è ben accetta. Il ruolo nel sistema complesso è dal sistema legato all’individuo e mai dall’individuo a se stesso o ad altri individui. I ruoli comportano delle responsabilità la cui lista è definita da una qualche regola che mai è stabile.Elemento 4:
Funzioni: ogni ruolo svolge delle funzioni appartenenti ad una lista definita da una qualche regola che mai è stabile. L’individuo non può svolgere funzioni ma il suo ruolo si per cui, a tale scopo, spesso l’individuo riveste più ruoli. Se possibile il sistema complesso cerca sempre di far svolgere le stesse funzioni a più individui.Elemento 5:
Documenti: il sistema complesso assorbe informazioni documentali dal suo esterno, produce documenti al suo interno e riversa nuovi documenti all’esterno. Il sistema complesso della burocrazia può produrre solo documentazione ed in maniera incrementale, nulla viene cancellato ma solo aumentato.Elemento 6:
Procedure: l’insieme delle regole che permette di trasformare un documento esterno o già interno al sistema complesso in altri documenti all’interno del sistema complesso o anche in documenti che siano destinati all’esterno di esso.Fatta questa dovuta premessa passiamo ad osservare e studiare alcuni aspetti della burocrazia e del funzionamento degli elementi ad essa inerenti.
Il Meccanismo della “Crescita Indefinita”
Il famoso secondo principio della termodinamica classica asserisce un fatto importantissimo, ossia che “In un sistema isolato l'entropia è una funzione non decrescente nel tempo” . Dato che l’entropia si può considerare approssimativamente ed in parole semplici come una misura del disordine del sistema, tale principio asserisce che qualsiasi sistema isolato, lasciato evolvere nel tempo senza interventi, tende a “disordinarsi”, ossia, dal punto di vista umano, a degradarsi.
Questo è ben noto secondo il senso comune. Se costruiamo una casa nuova (il “nuovo” è il massimo del concetto di “ordinato” = “a bassa entropia”) e poi nessuno la manutiene (questo è sommariamente il concetto di sistema isolato = con cui nessuno interagisce), essa nel tempo degrada (la sua entropia aumenta) ed è plausibile che in secoli e secoli scompaia anche (massimo dell’entropia).
Questo principio vale anche per gli esseri viventi in quanto macchine termiche. Se non alimentate dall’esterno muoiono. La vita è uno stato ordinato e riconoscibile per cui a bassa entropia; la vita tende naturalmente verso la morte che è intrinsecamente uno stato ad alta entropia (quando muore il corpo dapprima vivente può disordinarsi).A questo punto consideriamo un sistema semplificato formato da un individuo con un ruolo, una funzione, un solo tipo di documento trattabile ed una sola procedura che, dato un input, dice come elaborare il documento al fine di avere un risultato. La burocratizzazione consiste nello:
1) Stabilire con esattezza la forma del documento trattabile suddividendolo in due parti:
a. il contenuto statico, immutabile;
b. il contenuto dinamico, degli slot da riempire caso per caso.
2) Stabilire con esattezza le regole per:
a. Innescare la procedura di trattamento di un documento;
b. Svolgere tale procedura;
c. Chiuderla ottenendo il risultato.
Dato che la prima attività dell’individuo dovrebbe essere quella di assegnarsi l’unico ruolo e l’unica funzione applicando secondo le regole una procedura che determini un documento di dettaglio di tale assegnazione il sistema così prospettato non può di principio esistere.Osservazione 1: un sistema burocratizzato ha sicuramente più di una procedura da definire al suo interno in quanto almeno una di esse deve determinare un documento che stabilisca come funziona.
In definitiva un sistema burocratizzato lavora per stabilire come lavorare ossia intrinsecamente opera su almeno 2 livelli: uno di produzione ed uno di auto-sostenimento. Parte della burocrazia è quindi necessaria solo per produrre altra burocrazia e non per ottenere risultati apprezzabili esternamente al sistema.
Dato che devono esistere più procedure è innegabile che dobbiamo aggiungere un passo essenziale nella lista delle attività di burocratizzazione di cui sopra ed esattamente il punto (3) qui sotto riportato:
1) Stabilire con esattezza la forma del documento trattabile suddividendolo in due parti:
a. il contenuto statico, immutabile;
b. il contenuto dinamico, degli slot da riempire caso per caso.
2) Stabilire con esattezza le regole per:
a. Innescare la procedura di trattamento di un documento;
b. Svolgere tale procedura;
c. Chiuderla ottenendo il risultato.
3) Stabilire con esattezza la lista delle procedure applicabili.
Considerato questo sistema come isolato (senza input o output esterni), dato che è estremamente semplificato è possibile determinarne il comportamento. Verrà avviata la procedura di auto-assegnazione di ruolo e funzione per quindi determinare il documento formale di assegnazione e quindi terminare l’attività. Il tempo di esecuzione di tale procedura non è nullo, anzi, può risultare anche piuttosto lungo dipendentemente da quanto è complesso il documento di assegnazione e la sua redazione.
Questo può sembrare assurdo ma non lo è, anzi si potrebbe arrivare a delle situazioni in cui non solo il tempo di esecuzione è lungo ma risulta indefinitamente lungo. Un documento di assegnazione tipo quello indicato dovrebbe contenere almeno l’identificativo della persona, del ruolo e della funzione. Se per identificativo della persona si optasse per il suo codice peculiare del DNA dovrebbero quanto meno essere poste in atto analisi biologiche ed andrebbe valutata la situazione sotto il profilo della privacy, del contratto di lavoro, ecc.. Tutto questo costerebbe moltissimo tempo e se legalmente non si addivenisse ad un accordo ecco la semplicissima procedura di assegnazione andare in stallo.Osservazione 2: un sistema burocratizzato, anche se isolato e quindi non soggetto a produrre risultati per l’esterno, inizia comunque ad operare per ragioni interne e per un tempo non precisabile a priori.
Osservazione 3: un sistema burocratizzato presenta sempre un overhead di funzionamento ossia delle risorse vanno sempre sprecate per ragioni interne, a prescindere dal fatto che funzioni o meno.
Supponendo ora che il sistema burocratizzato abbia n procedure nella sua lista è plausibile che debba essere considerata, per ragioni di apparente efficienza, almeno una procedura aggiuntiva di verifica del funzionamento delle n citate. Le procedure sarebbero quindi n+1 e così si potrebbe andare avanti generando procedure a piacimento ed andando quindi ad aumentare la complessità del sistema stesso.
È interessane osservare come la n+1 esima procedura di verifica di cui si è appena trattato è in realtà una meta-procedura, in quanto opera ad un livello di astrazione più alto delle n procedure che controlla. Alla n+1 esima procedura, quindi, si associa la necessità di ruoli a più alto livello di astrazione (meno consci della realtà delle n procedure da controllare ma con una visuale più ampia tale da poterle valutare in generale) con maggiori poteri di controllo e quindi, in definitiva, dei ruoli di comando.
Dato che reiterando in maniera ricorsiva la considerazione che ci ha portato alla n+1 esima procedura si può arrivare alla n+2, n+3, ecc. è ovvio che è richiesta la presenza di diversi ruoli di comando, ossia una gerarchia.Osservazione 4: un sistema burocratizzato vede come assoluta necessità quella di definire una gerarchia di ruoli di natura piramidale in cui i ruoli più in alto sono di controllo e non di attuazione.
Osservazione 5: un sistema burocratizzato è sicuramente lento in quanto si impone di mettere in procedure anche i rapporti tra i ruoli gerarchici che ritiene indispensabili.
I documenti nel sistema burocratizzato si muovono quindi almeno in due modi: orizzontale (tra ruoli dello stesso livello) e verticale (tra ruoli di diverso livello gerarchico). La comunicazione orizzontale, più snella e flessibile, tende al concetto di cooperazione tra pari ruolo per cui è indice di efficienza. Quella verticale, più formale e ad alto grado di astrazione (in quanto coinvolge ruoli di diverso livello), tende a rallentare le comunicazioni orizzontali e le controlla.
In realtà la comunicazione orizzontale potrebbe benissimo non esistere e realizzarsi attraverso combinazioni di comunicazioni verticali. Nell’ipotesi che ogni ruolo possa svolgere le sue funzioni solo comunicando con il ruolo di controllo che lo sovrintende, affinché due ruoli comunichino orizzontalmente basta che passino per il primo ruolo in comune che li sovrintende. In questo modo si avrebbe il massimo del controllo ma anche un grande appesantimento del passaggio documentale. Ad esempio se i pari ruoli A1 ed A2 fossero entrambi controllati da B, i documenti, per passare da A1 ad A2 potrebbero andare da A1 a B e poi da B ad A2. In questo modo la comunicazione orizzontale A1-A2 viene realizzata attraverso due comunicazioni verticali A1-B e B-A2 cui bisogna aggiungere l’impegno procedurale di B che vorrà comunque, al suo livello, influenzare il passaggio documentale, magari arricchendolo o deprivandolo di qualcosa.
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